Chieti, perizia per l’uomo che molestò la commessa di una profumeria del centro cittadino. Occorre stabilire se l’imputato, che soffre di disturbi mentali, fosse capace di intendere e di volere.
Una questione che supera la soglia del caso personale e diventa tema giuridico-morale. L’uomo comune si chiede fino a che punto possa spingersi una persona affetta da disturbi mentali, prima di vedersi rinviata a giudizio – ossia di essere imputato di un qualche reato – e doverne rispondere a processo. Il giudice oltre a chiederselo dovrà anche stabilire un confine. Il caso in questione, che diventa spunto di riflessione, arriva da Chieti, dove un uomo di 35 anni, attualmente ricoverato in una casa per persone con malattie mentali, è stato rinviato a giudizio per molestie, atti osceni in luogo pubblico e violenza privata. I fatti risalgono al settembre del 2013, quando l’uomo entrò in una profumeria del centro cercando di “abbordare” pesantemente la commessa. “Sei bella, mi piace il tuo seno, hai belle gambe, vuoi fare l’amore con me” sono solo alcune delle frasi esplicite rivolte alla ragazza; ma l’uomo andò ben oltre, iniziando a masturbarsi e impedendo alla commessa chiedere aiuto fuggendo dal negozio a gambe levate, le stesse che erano state tanto apprezzate dal soggetto in questione. La vicenda è stata affrontata ieri dal giudice Antonella Redaelli, in particolare ci si è soffermati sulle consulenze che puntano ad accertare se l’imputato, al momento dei fatti contestati, ossia due anni fa, fosse capace di intendere e di volere. A chiedere una nuova perizia è stato il difensore dell’accusato, Roberto Ferrone, che ritiene non esaustiva la documentazione agli atti. L’udienza si è conclusa con la soddisfazione della richiesta del legale: il giudice Redaelli ha accolto la richiesta di una nuova perizia, affidata a Ildo Polidoro. L’imputato intanto resta dov’é, ed è probabile che anche gli interrogativi morali rimangano sul tappeto. A muoversi e ad offrire certezze sarà la giustizia, visto che si tornerà in aula nel marzo del 2016. Se si arriverà a sentenza, almeno la verità giuridica sarà stata stabilita. Affrontare un disturbo mentale invece è persino più complicato.