‘I sei esperti della Commissione Grandi rischi convocati a L’Aquila dalla Protezione civile, nella riunione del 31 marzo 2009, non erano al corrente del fatto che la seduta aveva la finalità di fornire alla popolazione un messaggio di rassicurazione’.
Così la Suprema Corte nella sentenza 12478. Secondo gli ‘ermellini’, la Corte d’ Appello aquilana – nel verdetto che ha prosciolto gli scienziati e condannato solo l’ex numero due della Protezione Civile – ha affermato ‘che gli esperti non svolsero il compito secondo gli auspici (non comunicati loro) del Capo del Dipartimento della Protezione Civile, sicchè fu il De Bernardinis, lui sì in condivisione di intenti con il proprio superiore, ad accelerare i tempi della comunicazione con i media e ad anticipare quelle che avrebbero dovuto essere le conclusioni finali della riunione della Grandi Rischi’. Allora la Protezione civile era guidata da Guido Bertolaso. Per la Cassazione, ‘gli scienziati – Franco Barberi, Enzo Boschi, Giulio Selvaggi, Michele Calvi, Claudio Eva e Mauro Dolce – nella riunione confermarono motivi di allarme per la situazione e negarono la teoria della prevedibilità dei terremoti. ‘La conclamata incompetenza in tema di valutazione del rischio sismico di Bernardo De Bernardinis, ex vice capo della Protezione Civile dell’epoca di Guido Bertolaso, gli avrebbe imposto di astenersi dall’affermare ai media – il 31 marzo del 2009, durante lo sciame sismico che da mesi scuoteva L’Abruzzo e il suo capoluogo – l’indole positiva dello scarico di energia. A scrivere questo e altro la Cassazione nelle 170 pagine di motivazioni sul processo alla Commissione Grandi Rischi concluso con la conferma dell’assoluzione dei sei scienziati imputati e la condanna a due anni per De Bernardinis – pena sospesa – per l’omicidio colposo di 29 persone. Per gli ‘ermellini’ il funzionario è responsabile per aver ritenuto di calcare la mano sul profilo prognostico del suo messaggio’.