Il consigliere regionale del Pd Antonio Blasioli interviene sull’abbattimento delle palazzine Ater a Pescara, note come “Ferro di Cavallo” e denuncia la mancata condivisione delle scelte assunte da parte di Comune e Regione.
Blasioli sollecita un confronto e l’istituzione di un apposito tavolo perchè ritiene che la riqualificazione dell’area in questione deve essere condivisa con la città e con i portatori di interesse.
In una nota il consigliere del Partito Democratico chiede: “Gli alloggi del Ferro di cavallo in via Cetteo Ciglia? E gli altri dove saranno? “.
Nel comunicato stampa, inoltre, si legge che: “Il restyling sociale e urbanistico della zona ovest di Pescara deciso a fine agosto in una stanza di Palazzo di Città, senza coinvolgere cittadini e portatori di interesse. Scelte delicate e incisive sull’abbattimento di decine di alloggi di edilizia popolare Ater di via Tavo e la ricostruzione in via Cetteo Ciglia e rispettive conseguenze, calate dall’alto senza avviare un confronto aperto sia su come operare, che sui luoghi”.
Il via libera all’azione arriva grazie al sisma bonus, con le risorse attivate dalla delibera della Giunta regionale 445 del 27 luglio 2020 che consente alle Aziende Territoriali per l’Edilizia Residenziale Pubblica (ATER) regionali di agire sulla qualità e sul valore degli immobili di proprietà, sia sotto il profilo sismico che energetico e avviare procedure tecnico/amministrative confluenti nel SISMABONUS e/o ECOBONUS di cui al D.M. 24.2.2020, alla legge 27.12.2019, n. 160 che per l’anno 2020 prevede un fondo 1.500.000 euro a favore delle 4 Ater Abruzzesi.
Arriva la delibera del Cda Ater del 20 agosto scorso, presenti il presidente Mario Lattanzio e i membri Agostino Castagna e Federica Camplone e il direttore Giuseppina Di Tella, a individuare 14 palazzine nella provincia pescarese. Due si trovano in via Tavo a Pescara, al civico 175 e 177, il noto Ferro di Cavallo per cui Regione e Comune si erano detti a favore dell’abbattimento di 20 alloggi e relativa ricostruzione.
Passi per la decisione di utilizzare quei benefici statali per il cosiddetto Ferro di cavallo, che inevitabilmente manda all’aria i sogni di ristrutturazione di altre palazzine popolari più fatiscenti come l’Unrra case di via Rigopiano o quelle di altre zone di Pescara, sull’altare della vecchia retorica populista secondo cui buttare giù fontane o palazzi equivalga a eliminare il problema, ma alcuni principi e alcune scelte che coinvolgono l’urbanistica e gli aspetti sociali, vanno prese con la condivisione della città e facendo salva la salvaguardia del diritto alla casa per cui non ci dev’essere un solo tetto in meno nel patrimonio abitativo pubblico, come dice anche l’ecobonus.
Dove avverrà la ricostruzione, lo si scopre informalmente in una riunione, ristretta, tenutasi stavolta in Comune il 28 agosto, incentrata proprio sulla riqualificazione urbana della zona ovest della città, a cui erano presenti il presidente del Consiglio Regionale Lorenzo Sospiri, il sindaco Carlo Masci, l’assessore comunale Isabella Del Trecco, il presidente Ater Mario Lattanzio, i dirigenti regionale e comunale Pierpaolo Pescara e Fabrizio Trisi, con la benedizione anche del presidente della Regione Marsilio. In quella sede viene deciso cosa e quanto abbattere e dove e come ricostruire, come racconta, infatti, un report dell’incontro, in cui vengono effettuate scelte che diventano un atto formale nel Cda Ater del 4 settembre scorso. L’ente approva infatti una delibera di indirizzo che modifica parzialmente quanto aveva approvato poco prima, lo scorso 20 agosto e in virtù della quale il numero degli appartamenti del Ferro di cavallo da abbattere passa da 20 a 171 e si decide per la parziale ricostruzione in loco di 45 di questi.
Questi i fatti. Se gli appartamenti abbattuti saranno 171 (tanti dovrebbero essere quelli del Ferro di cavallo) quanti verranno ricostruiti lì? Quanti a via Cetteo Ciglia e quanti altrove e, soprattutto, dove?
La città non viene interessata, non conosce le procedure con cui si ricostruirà, non sa se si ricostruirà lo stesso numero di appartamenti demoliti, se e quanti rinasceranno in via Tavo, né se nasceranno funzioni aggregative, sociali e presidi di sicurezza che, forse, più dell’abbattimento rappresenterebbero il riscatto di quel quartiere.
Non siamo a conoscenza di un piano comunale condiviso per la sistemazione delle persone che attualmente abitano nei civici di via Tavo, in attesa della nuova destinazione, alcuni degli inquilini hanno anche investito i propri risparmi per riqualificare gli interni. Niente.
Né c’è ad oggi alcuna programmazione che porti servizi e strutture a beneficio dei residenti vecchi e nuovi della zona: asili, spazi aggregativi e formativi, uffici, non sono citati nella ventilata riqualificazione di quella parte, pur così sensibile, della città. Eppure siamo di fronte a una scelta che va condivisa con la città per allargare la partecipazione e le ipotesi di ricollocazione, che va fatta con un ragionamento sostenibile, che cioè punti da un lato ad ampliare il diritto alla casa e quanto meno a garantirlo nei numeri, (magari recuperando anche l’invenduto presente in città) e dall’altro a rivoluzionare i servizi per gli abitanti di quel quadrante.
Non è giocando a scacchi come pochi intimi di centrodestra comunale e regionale stanno facendo, che si vince il degrado, né con la facile propaganda. Serve il confronto e la partecipazione ma ci vuole coraggio e soprattutto una visione. E quella visione non può nascere in un tavolo ristretto”.