Allarme delle Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche sulla possibilità che in Abruzzo,con il pensionamento di quasi 600 infermieri, si aggravi la carenza di personale nelle Asl.
In una nota della FNOPI , la Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche di cui fanno parte 11 mila infermieri, viene descritta una situazione emergenziale che rischia di aggravarsi visto che circa 599 infermieri in Abruzzo sono pronti ad andare in pensione anticipata approfittando della clausola di “quota 100”.
“La sanità non funziona senza infermieri” è lo slogan delle celebrazioni in programma domani in Abruzzo, in occasione della giornata internazionale dell’infermiere, che arriva a poche settimane dall’approvazione in Giunta regionale dei programmi obiettivo delle quattro Asl, finanziati in sede di Conferenza Stato-Regioni con risorse vincolate pari a 27 milioni di euro del Fondo sanitario nazionale, e dall’approvazione della delibera che introduce e disciplina uno strumento di monitoraggio del personale in servizio nelle aziende sanitarie abruzzesi.
Gli obiettivi di carattere prioritario e di carattere nazionale sono contenuti in varie linee progettuali: multicronicità, promozione dell’equità in ambito sanitario, terapia del dolore e sviluppo delle cure palliative e terapia del dolore in area pediatrica, supporto al piano nazionale della prevenzione, tecnologia sanitaria come integrazione ospedale-territorio.
I presidenti dei quattro Ordini provinciali delle professioni infermieristiche di Chieti, L’Aquila, Pescara e Teramo Giancarlo Cicolini, Maria Luisa Ianni, Irene Rosini e Cristian Pediconi affermano che il pensionamento di quasi 600 infermieri abruzzesi avrà “Effetto di rendere ancora più pesante la già grave carenza di personale sanitario nelle Asl, che rischia di portare a un “buco” stimato in 2.482 unità, pregiudicando ulteriormente la sicurezza delle cure per i cittadini.
In Abruzzo il fabbisogno rischia di salire a 155,93 professionisti sanitari mancanti ogni 100mila abitanti, rispetto a una media nazionale di 126. I provvedimenti, recentemente approvati dalla giunta regionale, sono importanti ma non possono, però, non tenere conto delle urgenze più volte segnalate alle istituzioni regionali in termini di assistenza sul territorio.
Sono 1.996 gli infermieri in Abruzzo che, al 31 dicembre 2018, hanno maturato i requisiti previsti da “quota 100”. 599 potrebbero effettivamente usufruirne, ovvero il 59,11% del personale sanitario (compresi medici e altre figure) considerati in uscita nei prossimi mesi. A questi si aggiungono 481 pensionamenti ordinari, per raggiunti limiti di età a fine dicembre 2018, che si vanno a sommare alla “strutturale” carenza di 1.452 infermieri rispetto alle reali esigenze dei cittadini.
Di questi ultimi ne mancano 719 necessari sul territorio per l’assistenza alle persone fragili (non solo anziani, ma anche malati cronici, non autosufficienti e altri pazienti che necessitano di una gestione sanitaria costante) e altri 733 infermieri secondo i parametri per le dotazioni organiche fissati dall’Unione europea e che l’Italia e soprattutto l’Abruzzo non rispettano.
Non si tratta di un problema solo degli infermieri, ma riguarda tutti i cittadini in termini di sicurezza, assistenza e accessibilità alle cure. Si assiste inoltre a un aumento esponenziale della spesa privata per l’assistenza e le cure da parte dei cittadini. Le famiglie abruzzesi risultano terze in Italia per tasso di impoverimento causato dalle spese sanitarie out of pocket. Un fenomeno che a livello nazionale colpisce oltre 300mila famiglie, mentre l’Abruzzo partecipa con circa 15mila famiglie finite al di sotto della soglia di povertà per pagare le spese sanitarie.
Emerge quanto sia necessario un cambiamento di rotta, che deve vedere l’applicazione di nuovi modelli organizzativi (infermiere di famiglia, ospedali di comunità, ambulatori infermieristici) già realizzati in altre regioni con ottimi risultati in termini di assistenza e accessibilità alle cure. Il 17 dicembre 2018 il MIUR ha dato l’ok alla proposta di modificare gli indirizzi formativi degli infermieri. Oggi gli infermieri sono presenti all’Istituto superiore di sanità, sono professori associati nelle università, sono dirigenti, direttori e stimati professionisti ed è per questo che nella nostra Regione non vogliamo rimanere indietro.
Desideriamo che i cittadini possano beneficiare di un sistema e di un nuovo modo di fare sanità che includa e coinvolga chi può fare molto per loro, in un lavoro che sia di reale integrazione e collaborazione fra tutti i professionisti sanitari nel rispetto naturalmente delle competenze e delle responsabilità di ognuno”.
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