I documentaristi abruzzesi Massimo D’Anolfi e Martina Parenti tornano al Festival del cinema di Venezia con ‘Bestiari, Erbari, Lapidari’
Dopo aver presentato nel 2016 ‘Spira Mirabilis’ in Concorso Ufficiale, nel 2018 il cortometraggio ‘Blu’ e, nel 2020, ‘Guerra e pace’ in Concorso Orizzonti, la coppia presenta un documentario ‘Bestiari, Erbari, Lapidari’. E’ diviso in tre atti ognuno dei quali tratta un singolo soggetto: gli animali, le piante, le pietre. Vuole essere un viaggio sentimentale tra cultura, scienza e arte del vecchio continente. Il film sarà distribuito da Luce Cinecittà a partire dal prossimo mese di ottobre.
Nella nota di presentazione si legge che si tratta di un omaggio a quegli “sconosciuti e per certi versi alieni mondi, fatti di animali, vegetali e minerali, che troppo spesso diamo per scontato, ma con cui dovremmo essere in costante dialogo dal momento che costituiscono la parte essenziale della nostra esistenza sul pianeta Terra. Strettamente connessi tra loro, gli atti del film disegnano uno sviluppo drammaturgico unico, attraverso tre diversi dispositivi di messa in scena. Ogni atto è infatti un omaggio a uno specifico genere del cinema documentario.
Bestiari è un found-footage su come e perché il cinema ha ossessivamente rappresentato gli animali; Erbari un documentario poetico d’osservazione all’interno dell’Orto Botanico di Padova; Lapidari, infine, un film industriale sulla trasformazione della pietra in memoria collettiva. Un coro unico di protagonisti, attraverso multiformi voci e suoni, racconta di noi e preserva il nostro sapere”.
‘Bestiari, Erbari, Lapidari’ è una produzione Montmorency Film con Rai Cinema e Lomotion con SRF Schweizer Radio Und Fernsehen / SRG SSR con il supporto di MIC, Euimages con il contributo di PR FESR Lombardia 2021-2027 – Bando “Lombardia per il cinema” Fondo Sviluppo Italia Francia con il supporto di Berner Filmförderung, Burgergemeinde Bern in associazione con Luce Cinecittà con partecipazione con Eye Filmmuseum, Cinémathèque Suisse. Vendite internazionale Fandango Sales.
Massimo D’Anolfi e Martina Parenti spiegano: “Crediamo che il nostro compito sia quello di ‘re-inventare’ una visione e una rappresentazione del reale e cercare di instaurare relazioni vitali fra gli elementi che compongono le inquadrature dell’opera. Così facendo, non cerchiamo il ‘reale’, ma la rappresentatività del reale e l’occasione per raccogliere i racconti, le storie, le riflessioni su noi umani. A ogni spettatore il compito di arricchire il film con il proprio bagaglio di esperienze, interessi, letture o visioni cinematografiche”.