E’ stato stroncato da un infarto, mentre era in servizio nel carcere di Teramo, l’assistente capo coordinatore Matteo Massimo Palladino.
La tragedia è avvenuta ieri sera verso le ore 23 mentre l’assistente capo coordinatore Matteo Massimo Palladino, 54 anni, era in servizio all’interno dell’istituto di pena di zona “Castrogno “. L’uomo, morto per arresto cardiocircolatorio, lascia la moglie e l’anziana madre. I funerali dovrebbero svolgersi la prossima settimana dopo che sarà eseguita l’autopsia disposta dall’autorita giudiziaria.
Il segretario provinciale del Sappe di Teramo Giuseppe Pallini afferma :”Dopo una tragedia simile che ha lasciato sgomenti e increduli tutti, lasciarsi prendere dallo sconforto e dalla rabbia verso l’istituzione il passo è breve. Non vogliamo pensare che ci sia stata correlazione tra l’evento morte e la negazione dei diritti soggettivi , il duro lavoro e il forte stress a cui le donne e gli uomini della Polizia penitenziaria ogni giorno sono sottoposti. L’amministrazione penitenziaria regionale e centrale, però, non può più fare finta che l’istituto teramano non è fortemente carente di personale che non permette il dovuto riposo psicofisico sancito costituzionalmente”.
Mauro Nardella, segretario confederale della Uil Abruzzo afferma : “È deceduto nel mentre prestava la sua opera, così come ha sempre fatto, con il massimo della dedizione.
Matteo Palladino, assistente capo di polizia penitenziaria di 54 anni, in servizio presso il carcere di Castrogno, ha perso la vita durante lo svolgimento del servizio in uno degli istituti di pena maggiormente interessato da una situazione di grave crisi strutturale ed organizzativa.Il poliziotto sarebbe stato richiamato in servizio dalla vicina contrada “villa mosca” ove abitava, così come spesso accadeva, in regime di straordinario. Troppo stress in un contesto così brutale qual’è quello di un carcere cosi mal messo siamo convinti abbiano costruito quel cocktail micidiale incapace di fare reggere, al cuore finanche dei più forti, i ritmi ai quali è stato sottoposto.L’amministrazione penitenziaria si deve interrogare sul perché al giorno di oggi ci si deve sobbarcare di così elevati carichi di lavoro. I poliziotti penitenziari si ritrovano a vestire i panni di autentiche cavie dal momento in cui, dopo la riforma pensionistica del 1995, si ritrovano a dover svolgere finanche 20 anni in più rispetto a chi li ha preceduti. Non ci si deve meravigliare, quindi, se oggi contiamo decine di morti tra suicidi e morti naturali in carcere. La Uil teme che questi sono solo i primi esiti di una riforma destinata a produrre ulteriori danni se non verrà contrastata. Matteo era persona mite e di grande volontà. Ci stringiamo attorno alla famiglia consapevoli del dolore che la sta colpendo”.