Tornano a farsi sentire WWF, Cna, Confcommercio e Confesercenti Chieti, contrari alla realizzazione del Centro Commerciale Mirò. Un danno, dicono, per l’ambiente e l’economia del territorio.
Nei giorni scorsi è stata inviata una nota alle autorità competenti per segnalare attività di cantiere nell’area dove dovrebbe sorgere il centro commerciale Mirò, al confine tra i territori comunali di Chieti e di Cepagatti. Nel testo è stato ricordato che il progetto per ulteriori insediamenti edilizi in quella zona ha avuto parere negativo dal Comitato Regionale per la Valutazione di Impatto Ambientale e che di conseguenza eventuali autorizzazioni comunali sono da ritenere prive di efficacia.
“Il D.Lgs. 152/2006, all’art. 29, comma 1 – si legge nella nota del WWF – prevede infatti che I provvedimenti di autorizzazione di un progetto adottati senza la verifica di assoggettabilità a VIA o senza la VIA, ove prescritte, sono annullabili per violazione di legge. Lo stesso articolo, al comma 3, precisa che nel caso in cui il nuovo provvedimento di VIA (…) abbia contenuto negativo, l’autorità competente dispone la demolizione delle opere realizzate e il ripristino dello stato dei luoghi e della situazione ambientale a cura e spese del responsabile.”
Le associazioni sottolineano anche che l’opinione del Genio civile secondo cui sarebbe superato un suo precedente blocco dei lavori non autorizza in alcun modo un riavvio del cantiere: il Genio civile non ha alcuna potestà sul Comitato VIA, che ha espresso e ribadito il proprio giudizio negativo.
“Al di là del rispetto della normativa (si ricorda peraltro che sulla questione è attesa per il prossimo febbraio una sentenza del TAR di Pescara che ha accorpato in un’unica udienza vari ricorsi sull’argomento), preoccupa l’insistenza sulla cementificazione di un’area a ridosso del più importante fiume d’Abruzzo, che dovrebbe essere invece rispettata e tutelata, nell’interesse dell’ambiente e della totalità dei cittadini.”
Le associazioni ricordano le parole pronunciate l’estate scorsa da Jeff Opperman, capo del WWF Global Freswhater Scientist, in occasione del lancio del report realizzato dal WWF internazionale per mettere in luce i benefici nascosti dei fiumi:“I fiumi non sono semplici tubi in cui scorre l’acqua”. Opperman ha pure sottolineato, in quella stessa occasione, che non siamo di fronte a
“un gioco a ‘somma zero’, dove il beneficio di una parte è a discapito dell’altra: comunità, aziende e governi possono – e devono – contribuire a tracciare un percorso migliore che aiuti a proteggere l’acqua per tutti, mantenendo al contempo queste ‘vene vitali del pianeta’ a beneficio delle persone e della natura”.
Parole che dovrebbero diventare un punto di riferimento per chi gestisce la cosa pubblica ancor più oggi a fronte dei cambiamenti climatici in atto. I corsi d’acqua vanno preservati per il loro valore intrinseco e per l’importanza che hanno per la collettività, ma vanno anche rispettati per evitare che possano, come è spesso accaduto in Italia e come ancora più spesso accadrà in futuro, arrecare danni e lutti.
“Quelli che ci ostiniamo a definire disastri ambientali – sottolineano WWF, Confcommercio, Confesercenti e CNA – sono in realtà disastri determinati dall’uomo, che non sarebbero mai accaduti se non avessimo costruito lungo un fronte di valanga o in aree abitualmente allagate da un fiume, magari illudendoci che un manufatto possa fermarne la forza in caso di una imponente piena”.
Rispettare il fiume e tutelare gli interessi della collettività, impedendo di costruire dove non si deve e cominciando a delocalizzare il mal costruito.
“Il Centro commerciale Megalò, quello già esistente, con le sue opere di difesa idraulica, ha creato aumento del rischio altrove, come dimostrano diversi documenti ufficiali, a monte e a valle. La soluzione logica sarebbe stata quella di delocalizzare. Invece si insiste, e si continuano a spendere soldi pubblici (cioè di tutti noi) in opere faraoniche come le casse di espansione che dovrebbero (il condizionale è d’obbligo) ridurre il rischio che altri hanno aumentato. Sembra una follia ma è quello che realmente sta accadendo nell’indifferenza di una classe politica che, a dispetto delle tragedie che hanno purtroppo costellato la storia recente anche d’Abruzzo, continua a far finta di non sapere che le emergenze hanno costi anche economici enormemente maggiori della prevenzione e che non è riuscita a varare una legge che impedisca una volta e per sempre qualsiasi costruzione in zone soggette a frane o ad allagamenti. Una legge che servirebbe certamente a tutelare il territorio regionale e probabilmente, in prospettiva, a salvare vite umane.”