Chiusa la casa del meretricio a L’Aquila. La polizia ha denunciato una donna aquilana per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione.
Stranieri, sia donne che transessuali di nazionalita’ brasiliana, colombiana e venezuelana, si avvicendavano all’interno di un appartamento, preso in affitto. La casa del meretricio a L’Aquila, dopo una lunga attivita’ investigativa, è stata chiusa dagli agenti della squadra mobile della Questura che hanno denunciato per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione una donna aquilana, proprietaria dell’ appartamento di Piazza D’Armi. L’abitazione, sottoposta a sequestro, veniva ceduta sistematicamente in locazione per brevi periodi, in maniera irregolare, a giovani donne e trans di nazionalita’ straniera che pubblicizzavano la loro attività su siti internet specializzati. Gli accertamenti sono iniziati nel 2015 e dopo numerosi appostamenti, raccolte di testimonianze e acquisizione di immagini e annunci gli investigatori hanno accertato che dal 2014 ad oggi, ma anche dal 2009, la proprietaria, ha ceduto in locazione sistematicamente, anche in maniera irregolare, per brevi periodi (a giornate o settimanalmente), il suo appartamento pretendo dagli affittuari, a titolo di canone, somme in contanti variabili da 250 euro a settimana a 720 mensili (tutto compreso: luce – acqua – gas), senza sottoscrizione di alcun contratto di specie o, talora, con contratto locativo riportante un canone notevolmente inferiore rispetto a quello effettivamente percepito. I clienti delle prostitute pagavano per le prestazioni sessuali da 50 euro in su. Ieri ,al loro arrivo della polizia,all’interno dell’appartamento gli agenti hanno trovato due transessuali di nazionalita’ brasiliana, senza permesso di soggiorno, i quali sono stati fotosegnalati dalla Polizia Scientifica e messi a disposizione dell’Ufficio Immigrazione per l’avvio delle eventuali pratiche di espulsione. Tra le persone individuate ci sono anche ragazze e trans colombiani, venezuelani, brasiliani, provenienti dalla Spagna, che attraverso il passaparola di alcuni connazionali arrivavano a L’Aquila per brevi periodi, guadagnavano denaro e rientravano nella penisola iberica. Quando finivano i soldi tornavano a L’Aquila per prostituirsi.