Tante presenze illustri, stamani al Teatro Comunale Caniglia di Sulmona, al seminario su ecomafie ed agromafie organizzato dall’associazione “Vittime del dovere”, dalla Uil e dall’Ipa. Tra queste il segretario generale della Uil Carmelo Barbagallo ed il procuratore capo Giuseppe Bellelli.
La mattinata, ricca di spunti, si è aperta con il ricordo di Roberto Mancini, il poliziotto della Terra dei Fuochi morto nel 2014, divenuto la figura simbolo della lotta all’inquinamento di origine mafiosa, davanti ad una platea folta composta da autorità, cittadini, studenti e allievi della Scuola di Polizia Penitenziaria di Sulmona. Il seminario, condotto dall’avvocato Alessia Meloni, avvocato e consulente dell’Associazione Vittime del Dovere, ha visto la partecipazione della presidente dell’associazione, Emanuela Piantadosi, Mauro Nardella, project manager e componente della segreteria confederale Uil Adriatica Gran Sasso, Francesco Basentini, capo Dipartimento Amministrazione Penitenziara, Mauro D’Amico, generale di brigata e dirigente del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Luigi Di Cesare, avvocato e docente di materie giuridiche ed economiche, Michele Fina, direttore Accademia “Primo Levi”, Cristina Gerardis, avvocato dello Stato e Piero Porciani, avvocato del Foro di Milano. Tra i relatori anche Giuseppe Bellelli, procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Sulmona, e Pm insieme alla Mantini nel processo di primo grado contro i responsabili dei veleni di Bussi:
“Con la riforma del 2015 il sistema giudiziario si è dotato di strumenti più efficaci contro i reati di natura ambientale – ci ha detto Bellelli – ma non bastano. Da parte inquirente, come si è dimostrato con le indagini per i veleni di Bussi, va assicurato un lavoro più capillare nella ricerca di elementi utili per rafforzare l’impianto accusatorio, ma per farlo servono più mezzi di contrasto e soprattutto più persone.”
Il ruolo del sindacato di fronte a fenomeni in cui, in nome del profitto, determinate aziende pongono inconsapevolmente o meno i propri lavoratori di fronte ad una sorta di ricatto, meno problemi si creano meno rischi di perdere il lavoro ci sono.
“L’alternativa “morire di fame” o “morire di cancro” è sbagliata perché non aiuta a ragionare su temi tanto complessi quanto delicati. Le aziende che hanno inquinato devono rimanere sul territorio e utilizzare i loro profitti anche per le azioni di bonifica- ha affermato il segretario nazionale Uil Carmelo Barbagallo – Purtroppo il mercato e il profitto non ci aiutano a comprendere le dimensioni dei danni ambientali che sta subendo il pianeta, e in particolare il nostro Paese dove il 68 per cento del territorio è a rischio sismico e il rimanente è alle prese con il dissesto idrogeologico. Per questo, non basta affinare le leggi e gli strumenti di indagine se poi si mandano le macchine non catalizzate in Tunisia, spostando di fatto l’inquinamento solo da un Paese all’altro: non dimentichiamo che il nostro pianeta è uno. Ben vengano allora appuntamenti come questi, specie se rivolti alle giovani generazioni che vanno educate al rispetto dell’ambiente e alla legalità. Quest’ultima più sarà diffusa e meno si piangeranno morti e vittime del dovere. Per il sindacato – ha concluso il segretario Uil – sicurezza e lavoro sono priorità assolute: dopo il reato di omicidio stradale andrebbe introdotto il reato di omicidio da profitto per tutti coloro che non rispettano le regole e fanno morire i lavoratori”.