Convitto L’Aquila, confermate le condanne per il crollo dell’edificio durante il sisma del 2009, costato la vita a tre minorenni.
A tirare fuori i soldi per un futuro che i loro figli non avranno più sarà chi, indirettamente, avrebbe dovuto garantirglielo. Toccherà infatti al Ministero dell’Istruzione, condannato per la responsabilità civile, risarcire i genitori dei tre ragazzi morti a L’Aquila, nel Convitto sbriciolato dalla grande scossa del 6 aprile 2009. A L’Aquila c’erano andati per studiare e per costruirsi una vita – come Luigi Cellini, 15 anni e tanta voglia di diventare cuoco- ma nel Convitto trovarono solo la morte, a causa di quella che i giudici hanno ritenuto e ora confermato “condotta colposa e assurdamente negligente”. In sostanza, quella notte, e i giorni precedenti, non si è tenuto conto delle più elementari norme di sicurezza, come l’evacuazione di un edificio del 1800 che da mesi tremava come e più di tutta la città. Sotto le macerie del Convitto sono morti in tre, il quindicenne di Trasacco Luigi Cellini, il diciassettenne Ondreiy Nouzovsky e Marta Zelena, 16 anni; altri loro compagni rimasero feriti. Insieme a quello della Casa dello studente, il crollo del Convitto fu uno di quelli che più scossero le coscienze, per la giovane età delle vittime e per l’inadeguatezza di chi avrebbe tutelarli lasciandoli uscire invece di farli restare in stanza. Quella di ieri è la prima sentenza definitiva degli oltre 200 filoni di indagine scaturiti dalla maxi inchiesta sui crolli, coordinata all’epoca dal procuratore della Repubblica dell’Aquila Alfredo Rossini – il magistrato del terremoto, come qualcuno lo chiamava – deceduto nel 2012. Diciannove di quei procedimenti sono arrivati alla fase dibattimentale, ma fin qui solo uno con sentenza passata in giudicato. La Corte di Cassazione ha confermato le due condanne emesse lo scorso anno dalla Corte d’Appello dell’Aquila per il crollo del Convitto: 4 anni di reclusione per Livio Bearzi, all’epoca preside del Convitto, e 2 anni e 6 mesi per Vincenzo Mazzotta, dirigente della Provincia dell’Aquila (che aveva competenze anche su alcune scuole), per concorso in omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. In primo grado, il 27 dicembre 2012, Mazzotta era stato assolto, giudizio poi ribaltato in Appello. La vecchia struttura non venne mai sottoposta a verifiche e restauri, né venne redatto alcun piano per la sicurezza. La quarta sezione penale della Cassazione ha ritenuto inammissibili i ricorsi presentati dagli imputati e ha confermato anche la responsabilità del Ministero dell’Istruzione, condannato al risarcimento delle parti civili.
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