Coronavirus Abruzzo: ARiA “Primum vivere deinde philosophari”

L’Associazione Ristoratori d’Abruzzo, in questo periodo di emergenza coronavirus invita tutta la categoria ad unirsi e a ripensare spazi, orari ed organizzazione del lavoro, privilegiando la salute e l’aspetto sociale.

A parlare è Valerio Di Mattia presidente di ARiA, l’Associazione Ristoratori Abruzzo, il quale, con una citazione latina “Primum vivere, deinde philosophari” che significa “Prima [si pensi a] vivere, poi [a] fare della filosofia”, invita tutti, in questo periodo di pandemia da coronavirus, a parlare di una sola ristorazione pecrhè, solo percorrendo i passi giusti, si tornerà migliorati sotto il segno del comfort e della salute.

In una nota il presidente Di Mattia afferma che “Queste considerazioni nascono dal fatto che un dibattito, fin troppo eccessivo, legato ai gravi problemi della ristorazione, sta procedendo in maniera abbastanza disorganica, confondendo spesso i piani della discussione e disegnando al contempo livide prospettive future assolutamente da scongiurare.

Bisogna invertire il trend della comunicazione puntando sull’esatto contrario: quando tutto sarà finito, nel rispetto delle norme sanitarie e della sicurezza di tutti, il livello qualitativo dei ristoranti abruzzesi sarà decisamente superiore.

Di Mattia spiga che bisogna indirizzare tutte le riflessioni lungo due fasi fondamentali e consequenziali, concentrandosi immediatamente sulla prima e, solo dopo averla risolta, cominciare a lavorare su quella successiva. Primum vivere deinde philosophari.

Il presidente dell’Associazione ARiA aggiunge che “Nel dettaglio, considerando che il comparto della ristorazione si avvia verso l’implosione a causa della chiusura attualmente sine die delle attività, è chiaro che in questa prima fase si dovranno concentrare tutti gli sforzi per ottenere dai decisori politici gli strumenti necessari per mettere l’intero settore su una zattera di salvataggio e traghettarlo in acque sicure.

Questo ,però, potrà avvenire soltanto attraverso la considerazione che il nostro diventi realmente un comparto unito, univoco. Per essere più chiari, non è possibile ancora oggi ascoltare interventi irresponsabili che scindono il discorso in una ristorazione di “serie A buona” e una di “serie B cattiva”. Si tratta di sterili operazioni di immagine spesso poco sincere e nemmeno approfondite che non portano alcun contributo utile, anzi risultano controproducenti.

In verità siamo tutti alle prese con uno shock economico senza precedenti e per questo motivo uniti dovremmo interloquire con le istituzioni.

Abbiamo già ottenuto il decreto liquidità; aspettiamo ora quello che si occuperà della fiscalità: dall’incrocio di queste due azioni ci vengano concesse le stampelle necessarie per rimettersi in piedi!

È necessario, ripeto, non dividersi e continuare ad interloquire suggerendo e stimolando una serie di misure che possano salvarci in questa fase cruciale.

Il secondo passaggio, conseguente al salvataggio dell’impresa, attiene al tema della socialità, del cosiddetto distanziamento sociale, sollevato sinora in maniera assolutamente erronea, privilegiando una narrazione negativa legata all’immagine di una sorta di “ospedalizzazione dei ristoranti”, né comprensibile né tantomeno attuabile, rispetto al bisogno stare insieme insito in ognuno di noi.

Socrate, nella “Politica”, definisce l’uomo un “animale sociale” il quale, aggregandosi ad altri uomini, costruisce la civiltà. Preso atto che la socialità è una condizione imprescindibile dell’umanità, in futuro questa stessa andrà quindi ricollocata, migliorata e giammai eliminata o mortificata come qualcuno sarebbe oggi portato a pensare.

È opportuno,quindi, condurre il comparto della ristorazione verso riflessioni utili, declinate in chiave propositiva.

Per anni abbiamo investito sui valori dello chef, sulla tecnologia in cucina, sul rinnovamento della proposta gastronomica, forse tralasciando l’aspetto veramente trainante delle nostre attività, ovvero “il servizio alla socialità e alla condivisione delle esperienze”.

La nuova consapevolezza, stimolata dall’attuale crisi sanitaria, imporrà alcuni obblighi e ci spingerà a confrontarci sul tema. Finiremo per investire ancora di più nel miglioramento del comfort e dell’ospitalità, interpretando questa esigenza in maniera vantaggiosa.

Bisogna far capire che in futuro i ristoranti saranno in grado di offrire servizi ancora migliori attraverso un riequilibrio delle prospettive e dell’organizzazione interna; questa condizione condurrà certamente ad un aumento complessivo della qualità della proposta.

Il distanziamento ci aiuterà a riorganizzare più razionalmente gli spazi e a rimodulare alcune importanti abitudini. Ad esempio assieme al ripristino di “spazi sociali ulteriormente distanziati e ampliati”, potrebbe tornare utile l’offerta sui turni, dalle 19 alle 23, a seconda delle necessità dell’utente, come già avviene in gran parte del Nord Europa ed in molte città italiane.

Questo modello permetterebbe facilmente di ridefinire l’accesso in sala, scaglionando la clientela in maniera più ordinata e flessibile. Lo stesso servizio di sala ne avrebbe un guadagno non essendo più sottoposto al congestionamento del turno unico spesso causa di inevitabili inefficienze.

Quindi nelle strutture avremo in futuro più comfort, più attenzione agli aspetti della salute, più capacità di proporre servizi al nostro cliente: tutto questo, alla lunga, potrebbe determinare anche un incremento di lavoro ed in generale ad una percezione positiva e rinnovata del “luogo ristorante”.

Inoltre la stessa esperienza gastronomica, a seguito del rispetto di nuove esigenze, potrebbe spingersi verso l’attivazione di menù maggiormente mirati, verso una migliore composizione dei principi di qualità e di tipicità perpetuando e sviluppando il concetto dell’approvvigionamento di prossimità.

Un legame positivo con i concetti di qualità, filiera corta e territorialità rappresenterà, oltre che il condizionamento implicito nella limitazione degli spostamenti, anche un orientamento vantaggioso verso temi importanti che hanno condotto il turismo gastronomico al successo degli ultimi anni.

In conclusione, se saremo in grado di compiere i passi giusti e se riusciremo a ricevere reale sostegno dalle politiche economiche anti crisi, potremmo vincere questa difficile sfida cogliendo anche una grande occasione per migliorare in Abruzzo un comparto già forte di suo, capace di esprimere ad ogni livello qualità e competenza. Per questi motivi è necessario non avere paura e continuare a lavorare con spirito di unione. Sicuramente ne usciremo più forti.”

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