Coronavirus Abruzzo: “Mio marito è tornato a casa. Dopo l’incubo torniamo a vivere”

A rete8.it la testimonianza della moglie dell’uomo che era stato ricoverato in rianimazione all’ospedale di Chieti e che, da ieri 28 aprile, è finalmente tornato a casa.

A raccontare a rete8.it  la gioia, dopo l’incubo in cui era sprofondata una famiglia che vive in provincia di Chieti, è la donna del paziente affetto da Covid 19, che era stato ricoverato in rianimazione nella clinica di Malattie Infettive dell’ospedale “Santissima Annunziata” di Chieti, e che, dopo tre settimane, era stato estubato.

L’uomo ha 49 anni e potrà festeggiare il suo 50° compleanno il prossimo 17 maggio nella sua casa, dove è tornato ieri, 28 aprile, nella quale ha potuto abbracciare la moglie e i loro tre figli.

Durante il ricovero il paziente è stato seguito e curato dall’equipe, guidata dal professor Jacopo Vecchiet, direttore dell’Unità Operativa di Malattie Infettive del Policlicnico e docente dell’Università “Gabriele d’Annunzio” di Chieti Pescara, e ha reagito positivamente al trattamento a base di Remdesivir che gli ha consentito di superare la fase critica della malattia e di poter finalmente ritornare nella sua abitazione.

La moglie è stata sottoposta a tampone e racconta a rete8.it ciò che ha passato nei giorni più bui di questo periodo terribile e indimenticabile.

La donna ricorda “Febbre alta: 38.5 /39 1’giorno e poi 2’giorno e 3’giorno. La febbre non scende. Ti chiudi in camera; in automatico compare la mascherina che ti copre il viso. Impacchi. Punture antibiotiche.
4’giorno. Sempre quel maledetto termometro a 39. La febbre non scende; la malattia si rafforza.
5’giorno. Chiamo il 118 ma non può aiutarci. Ci sono troppe richieste di assistenza.
Decidiamo di andare direttamente in ospedale. Preparo il borsone mentre tu  appoggi la fronte al vetro della finestra della camera. La febbre non ti molla. Non dormi da giorni. Mangi poco. Bevi nulla. Ti stai disidratando.
Giovedì 26 marzo ore 13 ci rechiamo al Pronto Soccorso. Ci apre una dottoressa travestita da marziano. Sarà la prima di una lunga serie che vedrai.
Ci guardiamo dietro alle mascherine verdi,  scivolano lacrime dentro alle mascherine verdi…il dolore e la paura inzuppano le mascherine verdi.
Una carezza sul viso, il borsone che passa dalla mia spalla alla tua, tu che entri per cercare di tornare a vivere.
Vivere. Respirare. Stare bene. Solo questo vorresti ma sai bene che sarà dura e sarà lunga.
I messaggi sul telefonino iniziano ad arrivare da te nel pomeriggio…dalle ore 16 del 26 marzo, rallentando di giorno in giorno fino ad annullarsi la mattina del 1° aprile.
Si, perché il 1° aprile ti trasferiscono in terapia intensiva e ti intubano, proiettandoti in un turbine di dormiveglia maledetto con il tuo corpo totalmente paralizzato ma il tuo cervello in continua lavorazione. 
Da li, i 12 giorni più bui della mia vita. Non starò qui a raccontarti le cose brutte e gli incubi che hanno accompagnato questa dozzina di giorni. Non ti racconterò neanche quando mi sono arrabbiata con te perché non reagivi alle terapie. Non ti descrivero’ quando, all’improvviso, non vedevo più nessun futuro per me senza te.
Ti dico solo che, quando è arrivata la video chiamata della dottoressa, il 12 aprile alle 20.30, che mi faceva vedere che ce l’avevi fatta che che eri stato estubato,capito ho  che finalmente era iniziata la Santa Pasqua anche per noi perché tu eri risorto,  più forte e tenace di prima“.
Gigliola Edmondo: