La battaglia contro il Coronavirus non si gioca solo negli ospedali. A cosa servono le tanto discusse USCA, istituite per seguire i pazienti sul territorio? Le testimonianze dei medici che entrano nelle case dei contagiati.
Mentre aumenta il numero delle persone positive al Covid 19 e gli ospedali sono in affanno nel fronteggiare l’emergenza sanitaria, il rilancio della medicina territoriale rappresenta un elemento strategico per combattere la pandemia.
La regione Abruzzo é stata fra le prime in Italia ad aver istituito le USCA, acronimo di Unità Speciali di Continuità Assistenziale, un servizio domiciliare dedicato ai malati Covid lievi o asintomatici, per decongestionare le strutture sanitarie.
Le USCA sono unità costituite da 4 medici per ogni 50 mila abitanti, con particolare attenzione alle aree interne.
Ma come funzionano e come si integrano con i medici di medicina generale e con il Dipartimento di prevenzione delle Asl ? Lo abbiamo chiesto alle dottoresse Michela Cicirelli e Lia Di Florio dell’Usca di Atessa, diretta dal dottore Fioravante Di Giovanni, responsabile del nucleo operativo distrettuale Sangro-Aventino che ha sede nell’ospedale San Camillo de Lellis di Atessa e che fa parte della Asl Lanciano Vasto Chieti.
Le dottoresse Cicirelli e Di Florio spiegano: ” Noi medici dell’Usca siamo i costante contatto con i medici di medicina generale e con le Asl per monitorare i pazienti che non necessitano di ricovero ospedaliero. Siamo dotati di dispositivi di protezione che ci consentono di recarci nella abitazioni dei pazienti e visitarli. Se le condizioni cliniche peggiorano interveniamo subito per disporre il ricovero ospedaliero. Anche nella Rsa di Atessa, qualche settimana fa, si sono registrati dei casi Covid ma siamo riusciti a seguire i pazienti direttamente nella residenza sanitaria assistenziale senza dover ricoverare gli anziani ospiti che ora stano tutti bene “.
Il servizio del Tg8