Una dichiarazione di stato di emergenza idrica contenuta nel comunicato diffuso dalla Giunta regionale li aveva “insospettiti” e oggi gli attivisti del Forum H2O Abruzzo parlano di “solventi nell’acqua del Gran Sasso”.
Tutto è cominciato ieri, dopo il comunicato diffuso dalla Giunta regionale per dare conto dell’approvazione di un provvedimento che autorizza un approvvigionamento idrico di emergenza nel comprensorio teramano in seguito alla disposizione cautelativa emessa della Asl di Teramo per le acque provenienti dai laboratori del Gran Sasso dell’INFN.
“Il sistema è in sicurezza? – si chiede il Forum H2O – I laboratori sono classificati ufficialmente quale impianti a rischio di incidente rilevante in base alla Direttiva Seveso: è stato attivato il Piano di Emergenza? Perchè non è stata data un’informazione immediata alla comunità di quanto accaduto? Il fatto è stato segnalato alla procura e al Parco nazionale? Ieri sera tardi abbiamo appreso, solo grazie al lavoro dei giornalisti che hanno approfondito uno scarno comunicato della Giunta Regionale, che il 2 settembre scorso le acque del Gran Sasso captate dalla Ruzzo a scopi idropotabili sono risultate contaminate da solventi e, secondo quanto dichiarato ieri sera alla stampa dalle autorità solo dopo la deflagazione del caso, sono state immediatamente messe a scarico (cioè lasciate scorrere nell’ambiente e non inviate nei rubinetti). A quattro mesi di distanza il fatto viene alla luce solo dopo un sibillino comunicato della Giunta Regionale in merito alla dichiarazione di Stato d’Emergenza, documento che non parla del ritrovamento del 2 settembre ma esclusivamente di un provvedimento della ASL, senza chiarirne ulteriormente le motivazione (la delibera tra l’altro non è allegata al comunicato sul sito della Regione). Il Presidente del Ruzzo parla oggi su Il Centro di una richiesta di danni all’Istituto nazionale di Fisica Nucleare. Ad oggi non abbiamo reperito comunicati ufficiali (analisi; delibere, lettere ecc.sui siti WEB delle istituzioni) oltre a quello della Regione. Sono tutti fatti gravissimi. Il primo problema è il ritrovamento stesso di questa sostanza contaminante. Vogliamo ricordare che nel sistema autostrada-laboratori-acquedotto, dopo lo scandalo del 2002, furono spesi oltre 50 milioni di euro proprio per la messa in sicurezza e la separazione dei sistemi idrici di captazione e scarico delle acque. Evidenziamo che il Commissario governativo che gestì i lavori era Balducci. Prima domanda: i lavori sono stati efficaci o persistono criticità e commistioni tra acque che devono obbligatoriamente avere destinazioni diverse e devono essere separate? Il secondo problema è sempre relativo al 2 settembre scorso. Come è stato gestito l’evento visto che i Laboratori di Fisica Nucleare sono classificati ufficialmente come Impianto a Rischio di Incidente Rilevante in base alla direttiva comunitaria Seveso? Evidenziamo che esiste un piano di emergenza con una precisa filiera di responsabilità e azioni da mettere in campo, compresa la comunicazione alla popolazione che evidentemente non c’è stata.
Secondo gruppo di domande: chi era a conoscenza della vicenda? Al di là delle eventuali responsabilità per l’accaduto e l’esatta provenienza della sostanza, è scattato il Piano di Emergenza anche per verificare l’esatta provenienza della perdita del solvente? Chi è stato avvertito (laboratori; società di gestione autostradale, prefettura, procura) nell’immediatezza? Le analisi di cui si parla sono quelle che avvengono ogni 15 minuti con allarme in automatico, sistema che fu introdotto con i lavori di messa in sicurezza? Perché non è stata avvisata la popolazione, nonostante sia espressamente previsto dal piano di emergenza? Il terzo problema è relativo al fatto che ci troviamo in un Parco nazionale e che si parla di contaminazione di acque che sarebbero state messe a scarico. Quell’acqua, se non è andata fortunatamente nella rete idropotabile (sul punto aspettiamo comunque documentazione ufficiale con i vari passaggi dell’evento che sicuramente saranno stati registrati), non è sparita con il suo carico di contaminazione ed è finita nell’ambiente. Una cosa del genere mica può passare in cavalleria! Già questo sarebbe grave ma qui si parla di un territorio che è Parco Nazionale con norme molto stringenti sulla tutela delle acque. Sono stati avvisati l’autorità giudiziaria e le forze dell’ordine? Il Parco è stato avvisato? Il quarto problema riguarda la trasparenza e l’informazione della popolazione. Il Decreto 31/2001 sulla potabilità delle acque e la Direttiva Seveso impongono agli enti di assicurare una tempestiva informazione della popolazione, anche quando non ci sono pericoli immediati. Una questione di civiltà, ci viene da dire. Perchè non è stata avvisata la popolazione e non sono stati messi a disposizione i documenti come i referti analitici e gli atti attestanti le procedure seguite in quei giorni? In generale ci pare di poter dire fin da ora che è letteralmente fantascienza come è stato trattato il caso da parte delle autorità, visto che stiamo parlando di una captazione di 100 litri/secondo che viene a mancare, con la dichiarazione di stato di emergenza, in un sistema che teoricamente dovrebbe essere al massimo grado di sicurezza. Ricordiamo che nei laboratori, all’interno della montagna, in un sistema delicatissimo e vulnerabile come pochi, sono usate negli esperimenti centinaia di tonnellate di sostanze quali nafta pesante e pseudocumene (sinonimo di 1,2,4 trimetilbenzene). Inoltre ci sono di due tunnel autostradali che attraversano una montagna piena d’acqua”.Le dichiarazioni del Forum (video)
IL COMUNICATO INTEGRALE DELLA RUZZO: “MAI ACQUA CONTAMINATA NELLA RETE”
In relazione alle notizie diffuse dai media, questa Società ritiene indispensabile contribuire a fare chiarezza su una situazione che, purtroppo, è stata dipinta, con preoccupante superficialità, quasi come catastrofica. In primis va tranquillizzata la popolazione sulla qualità delle acque immesse nella rete idrica; infatti i sistemi di controllo presenti sulle captazioni del Gran Sasso, qualora vi fossero stati problemi, avrebbero mandato “a scarico” l’acqua che avesse presentato anche lievi anomalie. In realtà, rimanendo ai fatti, all’inizio di settembre, nelle captazioni del versante Aquilano, furono rilevate tracce di un Diclorometano (un solvente utilizzato spesso per rimuovere vernice e\o grassi, ed anche nell’industria alimentare ndr), seppur ampiamente sotto i parametri di legge. Prudenzialmente, sia Ruzzo Reti che il SIAN della ASL di Teramo hanno effettuato analisi sul pozzetto di derivazione situato in prossimità del Laboratori di Fisica Nucleare del Gran Sasso; tali analisi hanno confermato che non vi erano superamenti dei parametri di legge, ma, prudenzialmente, avendo le analisi del SIAN evidenziato qualche lieve anomalia, lo stesso SIAN ne ha disposto il non utilizzo fino a nuovo provvedimento. A valle di tale episodio Ruzzo Reti ha, inevitabilmente, dovuto integrare il mancato prelievo dal Gran Sasso (ca 100 l/s) continuando ad utilizzare l’acqua potabilizzata nell’impianto di Montorio al Vomano, che, al contrario, in quel periodo dell’anno, solitamente viene chiuso per effettuare le manutenzioni periodiche. Nelle settimane seguenti Ruzzo Reti ha continuato ad effettuare analisi di laboratorio volte a verificare la qualità dell’acqua captata nel medesimo pozzetto, pur non immessa in rete, e non è mai stato rilevato alcun tipo di problema. Dunque, ha sollecitato il SIAN a consentirne il riutilizzo. Il SIAN, prudenzialmente, non ha consentito la reimmissione in rete; quindi, necessariamente, Ruzzo Reti ha dovuto chiedere alla Regione Abruzzo il prolungamento del cosiddetto ”Stato di emergenza idrica” propedeutico all’autorizzazione alla captazione delle acque che debbono essere poi trattate dall’impianto di potabilizzazione di Montorio al Vomano. Tale indispensabile proroga nell’utilizzo del potabilizzatore ha indotto altresì Ruzzo Reti ad avanzare istanza risarcitoria nei confronti del Laboratorio di Fisica Nucleare per via dei maggiori costi sopportati nel processo di potabilizzazione. Si ribadisce quindi che non è MAI ACCADUTO che acqua contaminata sia stata immessa in rete e che i sistemi di controllo sia di Ruzzo Reti che degli organi preposti al controllo non consentirebbero il verificarsi di tale fattispecie. Infine si richiamano tutti ad una maggiore attenzione nella divulgazione di notizie false o volte a strumentalizzare episodi che, nella gestione di un bene prezioso come l’acqua potabile, deve essere accuratamente evitata.
LA NOTA DEL WWF ABRUZZO: “TORNA L’INCUBO BOREXINO”
A leggere le notizie riportate dalla stampa locale, sembra che si sia tornati indietro di oltre un decennio quando si visse la fase più preoccupante della gestione dei Laboratori di Fisica Nucleare sotto il Gran Sasso. Erano gli anni in cui il Governo nazionale, contro la volontà di tutti gli enti locali e della popolazione, voleva realizzare un’inutile e dannosa terza galleria a servizio dei Laboratori, le cui attività erano avvolte nel mistero. “Fu proprio il WWF”, ricorda Dante Caserta, Vicepresidente del WWF Italia, “a rendere noto l’elenco delle sostanze presenti nei Laboratori, poste quindi vicinissime alla falda acquifera che rifornisce tre province abruzzesi. E fu sempre il WWF a evidenziare le carenze nella gestione degli esperimenti condotti nei Laboratori attraverso la pubblicazione di documenti e di scambi interni tra i ricercatori. Dapprima fummo accusati di allarmismo, ma poi arrivò l’incidente con il trimetilbenzene (nell’ambito dell’esperimento diventato famoso come Borexino) del 16 agosto 2002 che evidenziò tutta la fragilità del sistema di gallerie, laboratori e punti di approvvigionamento di acqua presenti nel Gran Sasso”. Come è noto vi furono denunce, sequestri e procedimenti penali e si avviarono interventi per la messa in sicurezza del sistema. Per anni il WWF ha continuato a chiedere che vi fosse una informazione puntuale di quanto accadeva sotto la montagna, soprattutto in merito alla presenza di determinate sostanze necessarie per gli esperimenti condotti nei Laboratori e l’inquinamento dovuto al transito degli autoveicoli nelle gallerie autostradali. È stato sempre ripetuto che ormai tutto era sotto controllo e che non vi erano più pericoli.
Fino alle notizie di ieri. “Ovviamente attendiamo che si facciano i dovuti approfondimenti, ma intanto non possiamo tacere sulla gestione delle informazioni”, aggiunge Luciano Di Tizio, delegato WWF Abruzzo. “Possibile che solo a dicembre si venga a sapere di qualcosa che sarebbe successo a settembre? È questa la trasparenza che si vuole dare ai cittadini su un bene prezioso come l’acqua? In questo caso non ci sarebbe stata la somministrazione di liquido contaminato, come invece avvenne per alcuni anni in val Pescara a causa dei veleni della discarica di Bussi officine. Stando alle dichiarazioni dei responsabili del Ruzzo, l’acqua fornita ai cittadini è stata sempre potabile. Resta tuttavia la pessima abitudine di non informare tempestivamente i cittadini, che non possono essere trattati come bambini da tenere all’oscuro dei problemi per non preoccuparli. Chiediamo alla Regione di adoperarsi perché si accerti con puntualità che cosa è accaduto a settembre e quali sono i reali livelli di sicurezza dei Laboratori. Ma chiediamo pure che, alla luce della tanto decantata politica della trasparenza, ci si impegni da oggi in avanti a informare sempre i cittadini e a farlo subito, non con un inaccettabile ritardo di oltre tre mesi”.
Sull’argomento è intervenuto anche il consigliere regionale del Movimento 5 Stelle, Riccardo Mercante, che ha depositato una interrogazione alla Giunta:
“Davvero sconcertante il silenzio della Regione e della Asl sullo sversamento di sostanze inquinanti dai laboratori dell’INFN nella condotta del Gran Sasso e altrettanto sconcertante che la Ruzzo reti minimizzi l’accaduto con la scusa che si tratti di un episodio accaduto la scorsa estate. L’inquinamento comunque c’è stato ed è necessario spiegarne le conseguenze e gli effetti. Ci sono voluti più di tre mesi per essere informati dello sversamento di sostanze tossiche che sembrerebbero le stesse che, nel lontano 2003, determinarono lo stato di emergenza ambientale, da parte dei laboratori del Gran Sasso. Nessuno, Asl e Regione in primis, si è degnato di far sapere ai cittadini cosa stava accadendo e tanto meno che le acque destinate all’uso quotidiano fossero inquinate. Una omissione gravissima visto che, in questo caso sono in gioco la salute e l’incolumità pubblica ed era, quindi, un preciso dovere, da parte delle Autorità, informare tutti sin dalla scorsa estate, da quando, cioè la Asl ha constatato l’inutilizzabilità delle acque. Per anni ci hanno decantato i pregi e le qualità delle acque della sorgente del Gran Sasso. Adesso, invece, si scopre, e solo perché hanno dovuto dichiarare lo stato di emergenza idrica, che le acque sono inquinate, che non sono sufficienti a coprire l’intero fabbisogno e che bisogna ricorrere ad altri bacini previo trattamento nel potabilizzatore di Montorio al Vomano. Ci obbligano, in sintesi, a pagare di più per avere in cambio un’acqua di minore qualità. Ritengo pertanto che sia ora, alla luce di quest’ultimo gravissimo accadimento, che Regione, Asl e Ruzzo reti, che fino ad ora sono state piuttosto reticenti, ci spieghino chiaramente come stanno davvero le cose e se e con quali rischi sia possibile per i cittadini continuare ad utilizzare l’acqua del rubinetto. Domande puntuali, quelle contenute nella mia interrogazione, alle quali la Giunta questa volta non potrà sottrarsi”.