Gas, depositato il ricorso al Tar contro la centrale di Sulmona

Depositato dalle associazioni ambientaliste il ricorso contro l’AIA rilasciata dal Ministero alla centrale di compressione gas di Sulmona.

L’associazione nazionale Forum Ambientalista, in stretta collaborazione con il Coordinamento No Hub del Gas e i Comitati Cittadini per l’Ambiente di Sulmona, lo scorso 7 giugno ha depositato, tramite l’Avvocato Herbert Simone al Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, un ricorso per chiedere l’annullamento dell’Autorizzazione Integrata Ambientale rilasciata dal Ministro della Transizione Ecologica Cingolani l’8 aprile scorso per la Centrale di Compressione che la SNAM vuole realizzare a Sulmona.

LA NOTA DELLE ASSOCIAZIONI:

Nella documentazione del procedimento sono emersi molteplici aspetti illogici, contraddittori e addirittura omissivi.

Sul rischio sismico, una delle criticità dell’opera da sempre evidenziato dagli attivisti e dai loro tecnici, un clamoroso documento dell’INGV del 20 ottobre 2020, smentisce su tutta la linea sia la documentazione della SNAM, rivelandone la sostanziale inaffidabilità se non peggio, sia il parere istruttorio della Commissione AIA del Ministero della Transizione Ecologica del 7 ottobre 2020. A svelarne una parte dei contenuti è il Ministero dello Sviluppo Economico solo il 3 dicembre 2020 durante la conferenza dei servizi sull’AIA. Nella nota, riassuntiva (e “non esaustiva”!), del Ministero, si legge testualmente dell’esistenza di gravissime criticità.

Infatti “i valori di accelerazione individuati da INGV alla fine dello studio sono molto più elevati rispetto a quelli calcolabili in base alle norme di progettazione anti-sismica ora vigenti (NTC 2008)”. Inoltre, scrive il Ministero, “INGV ha rilevato due criticità legate proprio all’approccio basato sulla normativa esistente, di cui una legata al fatto che tali metodologie non tengono conto delle distanze del sito dalle faglie note (proprio una delle questioni da sempre sollevate, inascoltati, dai cittadini, dai comuni e dalle associazioni che si sono interessate della centrale, ndr) e l’altra relativa agli algoritmi predittivi che sono utilizzati correntemente ai fini della verifica della progettazione”. Infine “l’accelerazione al suolo individuata nelle simulazioni raggiunge valori massimi fino a 3,5 g con valori medi intorno a 3 g …omissis… quindi più del triplo rispetto a quelle calcolabili in base alle norme vigenti e circa doppie rispetto a quelle determinate da SNAM”.

Questo significa che tutto quanto affermato dalla Valutazione di Impatto Ambientale del 2011 e dai più recenti documenti di Snam depositati per l’AIA nel febbraio 2019 e incredibilmente presi per buoni nel parere dei “tecnici” del Ministero della Transizione Ecologica – reso 13 giorni prima della relazione INGV, ignari della Relazione dell’INGV, vale zero. Questo il livello delle istruttorie tecniche delle commissioni VIA e AIA del Ministero che hanno esaminato il progetto.

Oltre alla questione dello scuotimento in caso di sisma l’INGV mette in guardia su un altro aspetto fondamentale, quello della potenziale presenza di faglie attive e capaci, cioè faglie che possono fratturare il suolo (e quello che vi è costruito sopra) fin sulla superficie come accaduto nel terremoto delle Marche. Su questo, nonostante il richiamo del principale istituto di ricerca statale in materia (“Relativamente alla eventuale presenza di faglie attive e capaci (FAC) in corrispondenza dell’area del sito di interesse, cioè di faglie potenzialmente responsabili di dislocazioni fragili permanenti della superficie topografica, queste non sono note dalla letteratura disponibile ma non possono comunque essere escluse sulla base delle conoscenze geologiche disponibili per l’area, vista anche la presenza di elementi tettonici in prossimità del sito di cui non è noto il comportamento cinematico quaternario e recente.”), cala il silenzio nella documentazione delle autorizzazioni.

Nel ricorso si stigmatizza il fatto che davanti a uno studio del genere, che ha evidenziato quanto il rischio sismico sia stato sottostimato rispetto alla documentazione depositata da SNAM (resa praticamente inutile in quanto fuorviante rispetto ai reali rischi), il responsabile del procedimento avrebbe dovuto richiedere il riavvio del procedimento fin dalla fase di deposito della documentazione. Inoltre, nel ricorso ci si chiede come abbia fatto la Conferenza dei Servizi del 3 dicembre ad aver deliberato senza leggere integralmente tale relazione così rilevante.

Questo studio, tra l’altro, è stato sottratto alla trasparenza per le osservazioni da parte dei cittadini, nonostante la sua eccezionale rilevanza. Questo è il secondo punto del ricorso.
Altra questione sollevata, quella della mancata controdeduzione alle puntuali e documentate osservazioni pervenute dai cittadini, in pieno contrasto con quanto reso obbligatorio dalla Convenzione di Aarhus sulla partecipazione dei cittadini ai procedimenti che riguardano l’ambiente.

Ulteriori motivi del ricorso riguardano le emissioni di gas clima – alteranti, superiori a quanto dichiarato ufficialmente, e la mancata presa in considerazione del cosiddetto particolato secondario. Per quanto riguarda la stima delle emissioni fuggitive di metano, trattandosi di un impianto con emissioni in atmosfera. I “tecnici” del Ministero si sono accontentati di quelle delle valutazioni dell’azienda, auto-prodotte e non validate da riviste scientifiche. Ebbene, se si fossero peritati di consultare Nature, Science, PNAS ecc, i “tecnici” del Ministero della Transizione Ecologica avrebbero trovato decine di pubblicazioni ai massimi livelli che provano come le stime dei petrolieri siano sempre al ribasso e di molto. In questi giorni, peraltro, la Reuters con la sua esclusiva ha dimostrato il livello delle perdite negli impianti Snam italiani. Lo stesso approccio piuttosto benevolo è stato usato per la valutazione del rischio incidentale, con i “tecnici” ministeriali appiattiti sulle dichiarazioni tranquillizzanti di Snam che si è però dimenticata di citare, tra gli incidenti di impianti simili a quello di Sulmona, quello mortale avvenuto a Baumgarten in Austria.

Con il ricorso viene eccepita non solo la illogicità del rilascio dell’AIA senza attendere le risultanze del monitoraggio ante operam della qualità dell’aria, ma anche la stessa modalità della valutazione delle emissioni, considerata l’assenza di centraline meteo nella conca di Sulmona, e senza tener conto delle specifiche condizioni morfologiche e microclimatiche della Valle Peligna.

Contestata anche la mancanza di qualsivoglia valutazione degli effetti delle emissioni sulla fauna protetta presente nell’area della centrale, in primo luogo l’Orso bruno marsicano, la cui frequentazione del sito è attestata dalle relazioni scientifiche dei parchi nazionali della Maiella (peraltro mai coinvolto nel procedimento), del PNALM e della riserva regionale di Monte Genzana, relazioni che evidentemente il Ministero vuole continuare a ignorare.

Altri motivi di ricorso sono quelli legati al Piano della Qualità dell’Aria della Regione Abruzzo, che non prevedeva impianti di questo tipo al di fuori di aree industriali infrastrutturate, e il fatto di non aver riaperto la procedura di VIA, chiusa nel lontano 2011, nonostante le clamorose novità emerse in questi anni, a partire dallo studio INGV e dalle ricerche svolte dai parchi nazionali sull’orso bruno e su altri animali protetti presenti nell’area. L’Art.28 del testo Unico dell’Ambiente obbliga il ministero a riaprire la VIA in caso di novità sostanziali: quanto scoperto dall’INGV, non da un passante, sull’incredibile sottovalutazione del rischio sismico dell’area è un aspetto sostanziale che va tenuto nelle debite considerazioni ai fini del procedimento!

L’ultimo motivo, forse è il più simbolico, riguarda la violazione del Trattato di Parigi sul Clima del 2015, legge dello Stato che questa e altre autorizzazioni rilasciate da Cingolani violano palesemente, considerato che una centrale di questo genere avrebbe una vita utile di decenni in totale contrasto con l’Agenzia Internazionale dell’Energia e con tutti i ricercatori impegnati sul fronte della crisi climatica che chiedono di fermare qualsiasi nuovo investimento (in realtà si tratta di denari e relativi profitti che ricadono sulle bollette degli italiani) in fonti fossili, compreso il metano che è un pericoloso gas clima-alterante quando emesso tal quale lungo la filiera (pozzi, gasdotti, stoccaggi e distribuzione).

Carmine Perantuono: Laureato in Giurisprudenza, è giornalista professionista dal 1997. Ricopre il ruolo di Direttore Responsabile di Rete8.