Il Consiglio di Stato ha condannato la Regione Abruzzo a pagare il risarcimento alla Santa Croce per aver revocato la concessione della sorgente Fiuggino, la più piccola nel comune di Canistro.
Il Consiglio di Stato, presieduto dal magistrato Giuseppe Severini, ha confermato quanto stabilito dal Tar, che ha condannato la Regione a fare una proposta di risarcimento alla Santa Croce. Con un’ordinanza del 5 luglio, il Consiglio di Stato ha, infatti, rigettato il ricorso dell’Ente che chiedeva di annullare la sentenza del Tribunale Amministrativo regionale del dicembre del 2018, e lo ha condannato a risarcire la società di imbottigliamento di acqua minerale, per i danni subiti in seguito alla decisione avvenuta ad agosto 2017, adottata perché la portata dell’acqua sarebbe stata troppo esigua.
In un comunicato stampa Santa Croce afferma di aver “Fornito prove contrarie riconosciute dal Tar: ora per il Consiglio di Stato, la Regione dovrà quantificare la somma e sborsare i soldi, se non lo farà sarà nominato un commissario ad acta.
La società dell’imprenditore molisano Camillo Colella ha già presentato una perizia al Tar e alla Regione, che parla di oltre 3,5 milioni di euro, a causa dell’interruzione dell’attività per 91 giorni, dal 25 agosto all’11 novembre del 2017, dello sfruttamento della sorgente.
Il sodalizio ha deciso di utilizzare la sorgente Fiuggino, dopo la revoca, sempre da parte della Regione, della più grande sorgente Sant’Antonio Sponga, provvedimento anche questo impugnato ed inserito in un serrato contenzioso.
Rischia, quindi, di costare caro alle casse regionali, l’interruzione disposta d’imperio dall’Ente che non ha dato seguito alle prescrizioni dei giudici amministrativi. La sentenza del Tar doveva essere attuata entro 60 giorni, a partire dalla notifica della sentenza avvenuta, il 4 gennaio scorso, ovvero entro il 5 marzo scorso: ma la Regione non lo ha fatto, tanto che i legali della Santa Croce, gli avvocati Claudio Di Tonno del foro di Pescara, e Matteo Di Tonno del foro di Bologna hanno inviato il 3 maggio un sollecito.
Ritenuto che nelle more della decisione di merito – si legge nel dispositivo – non sussistono i presupposti per accogliere l’istanza cautelare, atteso che non essendo stata neppure determinata la misura del risarcimento, non appare ravvisabile un pregiudizio effettivamente connotato dal carattere del irreparabilità in relazione agli effetti della sentenza impugnata”.