La Procura della Repubblica di Pescara ha chiuso l’inchiesta sulla tragedia dell’hotel Rigopiano di Farindola travolto da una valanga che il 18 gennaio 2017 ha provocato la morte di 29 persone.
L’avviso di conclusione delle indagini riguarda 24 persone e una societa’: l’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo, l’ex presidente della Provincia di Pescara Antonio Di Marco, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, i direttori e i dirigenti del dipartimento di Protezione civile: Carlo Visca, direttore del dipartimento dal 2009 al 2012 e Vincenzo Antenucci, dirigente del Servizio prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013; il tecnico del Comune di Farindola Enrico Colangeli; il gestore dell’albergo e amministratore e legale responsabile della societa’ ‘Gran Sasso Resort & spa’ Bruno Di Tommaso; Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, rispettivamente dirigente e responsabile del servizio di viabilita’ della Provincia di Pescara; Leonardo Bianco e Ida De Cesaris, rispettivamente ex capo di gabinetto e dirigente della prefettura; il direttore dei Lavori pubblici fino al 2014 Pierluigi Caputi; il dirigente della Protezione civile Carlo Giovani; gli ex sindaci di Farindola Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico; il tecnico geologo Luciano Sbaraglia; Marco Paolo Del Rosso, l’imprenditore che chiese l’autorizzazione a costruire l’albergo; Antonio Sorgi, direttore della Direzione parchi territorio ambiente della Regione Abruzzo; Giuseppe Gatto, redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della Gran Sasso spa di intervenire su tettoie e verande dell’hotel; Andrea Marrone, consulente incaricato da Di Tommaso per adempiere le prescrizioni in materia di prevenzione infortuni; Emidio Rocco Primavera, direttore del Dipartimento opere pubbliche; Giulio Honorati, comandante della Polizia provinciale di Pescara; Tino Chiappino, tecnico reperibile secondo il piano di reperibilita’ provinciale; Sabatino Belmaggio, responsabile del rischio valanghe fino al 2016; la societa’ Gran Sasso Resort & Spa.
GLI SCAGIONATI – I nomi stralciati e per i quali sarebbe stata chiesta, invece, l’archiviazione sono: Luciano D’Alfonso, Ottaviano Del Turco, e Gianni Chiodi, ex presidenti di Regione; Tommaso Ginoble, Daniela Stati, Mahmoud Srour, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca, assessori che si sono succeduti alla Protezione Civile; Enrico Paolini, ex vice presidente della Regione Abruzzo; Cristina Gerardis, ex direttore generale della Regione; Giovanni Savini (direttore del dipartimento di protezione civile per tre mesi nel 2014); Silvio Liberatore, responsabile della sala operativa della Protezione civile; Antonio Iovino dirigente del servizio di Programmazione di attivita’ della protezione civile; Vittorio Di Biase, direttore Dipartimento opere pubbliche fino al 2015; Vincenzino Lupi, responsabile del 118; Daniela Acquaviva, la funzionaria della prefettura di Pescara salita alla ribalta delle cronache, perche’ nella telefonata del ristoratore Quintino Marcella (che per primo la sera della tragedia lancio’ l’allarme) disse la frase ‘la madre degli imbecilli e’ sempre incinta’.
I reati ipotizzati dal procuratore capo di Pescara Massimiliano Serpi e dal sostituto procuratore Andrea Papalia, vanno, a vario titolo, dal crollo di costruzioni o altri disastri colposi, all’omicidio e lesioni colpose, all’abuso d’ufficio e al falso ideologico. Ad occuparsi delle indagini sono stati i carabinieri forestali, diretti dalla tenente colonnello Annamaria Angelozzi.
Dall’avviso di conclusione delle indagini, atto prodromico alla richiesta di rinvio a giudizio, gli indagati hanno venti giorni di tempo per chiedere di essere interrogati o per presentare memorie difensive.
LE ACCUSE: “L’hotel andava chiuso in inverno. L’assenza della Carta Valanghe alla base della tragedia”.
“L’assenza della carta di Localizzazione del pericolo da Valanga (…) laddove emanata avrebbe di necessità individuato nella località stessa in Comune di Farindola un sito esposto a tale pericolo, ha fatto sì che le opere già realizzate dell’Hotel Rigopiano a seguito dei permessi di costruire (…) non siano state segnalate dal locale sindaco. Tali informazioni avrebbero determinato l’immediata sospensione di ogni utilizzo nella stagione invernale”. E’ quanto si legge nel dispositivo di chiusura delle indagini per la tragedia di Rigopiano.
La Procura di Pescara quindi conferma che l’hotel era stato costruito su un sito storico di valanga e che l’assenza della CLPV è alla base della tragedia, e che se tutto fosse stato in regola l’hotel sarebbe dovuto stare chiuso almeno durante la stagione nevosa. Nel dispositivo della Procura per la chiusura delle indagini si legge infatti che ciascuno degli imputati emettevano di adoperarsi per “l’adozione di un Piano Regolatore Generale che laddove emanato avrebbe di necessità individuato nella località di Rigopiano un sito esposto a forte pericolo di valanghe”, e che il Piano Emergenze del Comune era “totalmente silente in punto di pericolo di valanghe”, quindi “si determinavano le condizioni per cui conseguiva il rilascio del permessi di costruire del Comune di Farindola”. Che l’area dell’hotel fosse determinata dai conoidi, cioè gli esiti storici della valanghe, è citato anche in alcune relazioni agli atti, quali quella della guida alpina Pasquale Iannetti e lo studio acquisito dalla Commissione Valanghe della Regione Abruzzo nel 2003 dove si spiega che il sito è interessato da “una condizione di pericolo forte e che il distacco delle valanghe è probabile già con debole sovraccarico. Sono da aspettarsi valanghe di media e anche singole grandi valanghe”. Il Comune di Farindola, dal canto proprio, non avrebbe dovuto rilasciare i permessi edilizi per l’hotel di Rigopiano: il Piano Emergenze del Comune era “totalmente silente in punto di pericolo di valanghe”. Se il Comune avesse adottato un nuovo PRG che avesse individuato nella località di Rigopiano un sito esposto a forte pericolo di valanghe, “non sarebbe stato possibile rilasciare i permessi edilizi con conseguente impossibilità edificatori.
Ex prefetto accusato anche di falso – Falso ideologico in atto pubblico e omissione di atti d’ufficio. Sono i due nuovi reati contestati all’ex prefetto di Pescara Francesco Provolo e a Leonardo Bianco, ex capo di gabinetto della prefettura del capoluogo adriatico, nell’ambito dell’inchiesta sulla tragedia dell’hotel Rigopiano. “Nella piena consapevolezza – si legge nell’avviso di conclusione delle indagini – che quantomeno dal 15 gennaio 2017 e di certo dalle 9 del 16 gennaio la provincia di Pescara, e in particolare il versante montano, era nelle condizioni di stato di emergenza – come attestato dalle note inviate il 16 gennaio a firma Bianco a presidenza Consiglio e ministero Interno e consapevolezza ribadita con nota 17 gennaio a firma Provolo – diversamente da quanto comunicato, omettevano di attivare, quanto meno dalle 9 del 16 gennaio, la sala operativa della prefettura e il centro coordinamento soccorsi. Provolo e Bianco poi sono accusati di falso perché “comunicavano il 16 gennaio con nota a firma Bianco e il 17 gennaio con nota a firma Provolo, inviate alla presidenza del Consiglio e al ministero dell’Interno, false attestazioni di avere attivato la Sala operativa provinciale di Protezione civile e il Centro coordinamento soccorsi (Ccs), in ragione della ‘precipitazione a carattere nevoso in atto, particolarmente accentuata nell’entroterra della provincia”. I due, assieme a Ida De Cesaris, dirigente della prefettura di Pescara, sono accusati poi di omicidio colposo e lesioni colpose in quanto la prefettura “attivava tardivamente, e non come dovuto almeno a far data dal 15 gennaio 2017 e di certo dalle ore 9 del 16 gennaio 2017, ma solo dopo le ore 13 del 18 gennaio 2017, il Centro coordinamento soccorsi e la Sala operativa. I tre indagati – si legge nell’avviso – “omettevano di svolgere tempestivamente il ruolo assegnato dalla legge di coordinamento nella individuazione delle deficienze operative”. Secondo i pm, il prefetto, “solo alle 18.28” si attivo’ “nel chiedere l’intervento di personale e attrezzature dell’Esercito per lo sgombero della neve” e poi alle 20.52 “nel far richiedere, tramite mail, tre turbine spazzaneve alla sala operativa della Regione Abruzzo”.
“Permessi edilizi contro vincoli” – Passaggi irregolari anche nella licenza edilizia dell’hotel di Rigopiano: lo spiega il dispositivo della Procura che indaga l’imprenditore Paolo Del Rosso assieme a dirigenti comunali e regionali. Il Comune infatti “rilasciava il permesso di costruire per la ristrutturazione del complesso alberghiero in area soggetta a vincolo idrogeologico nonostante l’assenza della prescritta autorizzazione”. Irregolari alcuni permessi, quelli vincolati agricoli, e quelli relativi al Piano Regionale Paesistico in zona a Conservazione Integrale, tali che se fossero stati applicati avrebbero implicato ”immediato rigetto dell’istanza” edilizia da parte del Comune. Del Grosso “istigava” i pubblici ufficiali a violazioni di legge che procuravano “ingiusto vantaggio patrimoniale per il proprietario e i gestori dell’Hotel conseguente alla maggiore attrattiva derivante dalla ristrutturazione dell’albergo e dalla successiva realizzazione del centro benessere e questo anche al costo di violare le leggi di tutela dell’ambiente, per cui arrecavano contestualmente danno al territorio di Rigopiano”. Tutto questo, si legge, perché Del Rosso “aveva reale interesse a ristrutturare il vecchio albergo” trasformandolo in “centro benessere attivo anche in pieno inverno e in situazione di forte innevamento”. Il centro benessere dell’Hotel infatti ”opportunamente pubblicizzato diveniva la principale attrattiva per il soggiorno in pieno inverno e con forti nevicate”. Quindi dall’esistenza del Centro Benessere derivava “l’impegno imprenditoriale a tenerlo aperto ed accessibile (anche per le autovetture) in pieno inverno prescindendo dalla intensità delle precipitazioni nevose (e quindi senza preoccuparsi del pericolo valanghivo e di isolamento)”
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