Il cameriere dell’hotel Rigopiano Gabriele D’Angelo lanciò diversi appelli alla Prefettura di Pescara e al Centro Operativo Comunale e alla Croce Rossa Italiana di Penne prima della valanga che il 18 gennaio del 2017 rase al suolo il resort.
E’ questo il comune denominatore che emerge dall’indagine privata svolta dagli avvocati Cristiana Valentini, Goffredo Tatozzi e Massimo Manieri, legali del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, il quale è finito sotto inchiesta nel procedimento sul disastro di Rigopiano e che, il 9 gennaio del 2019, dopo essere stato interrogato dal procuratore capo Massimiliano Serpi e dal sostituto Andrea Papalia, aveva annunciato che avrebbe portato nuovi elementi a sua discolpa in relazione alle accusa mosse nei suoi confronti dalla Procura della Repubblica di Pescara.
Dalla documentazione consegnata oggi, alla stampa dai legali del sindaco Lacchetta emerge che Gabriele D’Angelo, morto insieme ad altre 28 persone nella tragedia, dal suo telefonino cellulare, aveva chiamato 9 volte la Prefettura di Pescara per chiedere aiuto e aveva telefonato 19 volte al Coc e alla Croce Rossa di Penne.
Gli avvocati Tatozzi, Valentini e Manieri hanno evidenziato di aver ricostruito tutte le fasi riguardanti le “Prove mai versate nel fascicolo delle indagini per quasi due anni e riapparse dopo il servizio realizzato dal collega del Tg3 Ezio Cerasi, le prove mai analizzate neppure nelle 430 pagine di informativa finale dei Carabinieri Forestali fino al servizio televisivo, le prove versate nel fascicolo ma “sterilizzate”.
Intanto, sabato prossimo, 18 gennaio, sarà presente anche il ministro della Giustizia Alfonso Bonafede alla cerimonia organizzata a tre anni dalla tragedia mentre ieri, Gianluca Tanda, che guida il Comitato dei familiari delle vittime della tragedia di Rigopiano, ha consegnato una denuncia alla Procura pescarese.
Il servizio del Tg8