La Suprema Corte di Cassazione conferma la condanna a due anni e sei mesi di reclusione nei confronti dell’ex rettore dell’Università dell’Aquila Ferdinando Di Orio.
La Suprema Corte ha giudicato inammissibile il ricorso presentato dall’ex rettore dell’università dell’Aquila Ferdinando Di Orio, 71 anni, confermando la condanna a due anni e sei mesi di reclusione, decisa dalla Corte di Appello di Roma, con l’accusa di induzione indebita nei confronti del professore dello stesso ateneo Sergio Tiberti che dovrà essere risarcito.
Il pronunciamento arriva poche ore dopo l’elezione del professor Edoardo Alesse come nuovo rettore dell’università dell’Aquila, il quale, nel 2007, aveva perso nella corsa al rettorato contro il professore Di Orio.
Con la condanna, che diventa definitiva, l’ex rettore che per una decina di anni ha guidato l’Ateneo aquilano ed è stato senatore, rischia la detenzione, nonostante la pena sia inferiore ai tre anni.
Secondo la recente legge “spazzacorrotti”, per condanne legate a questo tipo di reati, tecnicamente è previsto l’arresto immediato con detenzione in carcere, anche per imputati over 70 anni. Tuttavia è in corso un dibattito serrato, che coinvolge anche la Corte Costituzionale, sull’applicazione retroattiva o meno della legge.
L’ultima parola ora spetta alla Procura generale presso la Corte di appello di Roma. In alcuni casi si è deciso per la non retroattività e in tal senso ci sono pronunciamenti della Cassazione.
I legali di Fernando Di Orio, Guido Calvi, del foro di Roma, ex componente del Csm, e Mauro Catenacci, del foro di Avezzano, chiedono la concessione di una misura alternativa, tra cui i servizi sociali.
In primo grado, Di Orio era stato condannato a tre anni di carcere e cinque di interdizione dai pubblici uffici perchè, secondo l’accusa, ha indotto il professore Tiberti, con il quale in passato aveva avuto buoni rapporti, a consegnargli denaro non dovuto, oltre a regali anche molto costosi per decine di migliaia di euro.
L’avvocato Catenacci afferma: “E’ un momento di incertezza rispetto all’attuazione del nuovo 4 bis della legge sull’ordinamento penitenziario in ordine alla sua applicabilità anche a delitti come quelli in questione commessi prima della sua entrata in vigore. Chiederemo alla Procura presso la Corte di Appello di Roma che prevalga l’interpretazione più favorevole”.