La Corte di Cassazione di Roma ha ritenuto ammissibile il ricorso contro l’archiviazione dell’indagine sulla scomparsa di Roberto Straccia avvenuta a Pescara il 14 dicembre del 2011.
Il giovane studente universitario di Moresco fu poi trovato cadavere il 7 gennaio del 2012 sul Lungomare di Bari. La notizia sulla decisione dei giudici di Cassazione é riportata su “Il Resto del Carlino” di ieri e si riferisce alla richiesta di riapertura delle indagini, archiviate in ben due circostanze, alla luce delle rivelazioni di alcuni pentiti i quali facevano allusione ad un presunto omicidio per scambio di persona. Una motivazione non ritenuta valida al fine di effettuare nuove indagini, da parte del Gip del Tribunale di Pescara che nel marzo del 2017 aveva di nuovo archiviato il caso. A tutelare gli interessi della famiglia di Roberto Straccia l’avvocato Marilena Mecchi che dichiara a “Il Resto del Carlino”:
“Il Gip di Pescara aveva archiviato il caso nel marzo 2017 in assoluto silenzio, senza fissare udienza alla nostra opposizione – spiega l’avvocato Mecchi – da qui si è aperta una nuova via legale che comprende: il reclamo al giudice monocratico di Pescara e il contestuale ricorso in Cassazione sostenendo che la procura di Pescara continuava a non indagare sui pentiti e che la competenza del caso (visti gli ultimi sviluppi delle indagini di parte) spetta per legge alla Direzione Distrettuale Antimafia di L’Aquila. Oggi – prosegue la Mecchi – il ricorso ha superato il vaglio dell’ ammissibilità e contemporaneamente è stata avviata un’azione civile al tribunale di Campobasso contro lo Stato italiano per la responsabilità civile dei magistrati. Dopo la prima udienza dello scorso 9 aprile, il caso è stato rinviato al 10 settembre. La famiglia Straccia vuole solo la verità sulla morte di Roberto – conclude la Mecchi – ed è quello che gli uomini di legge debbono garantire se non per etica personale, certo per dovere istituzionale. E per questo continueremo a batterci”.
Il ricorso, trasmesso alla Prima Sezione Penale , sarà discusso il prossimo 7 giugno:
«Mio figlio non c’è più e nessuno può riportarlo in vita – commenta Mario Straccia – la sorte mi ha ridato il suo corpo, ma non come averi voluto. Da sempre non credo alla teoria del suicidio e da sempre pretendo solo la verità sulla morte di Roberto. Per questo, sono troppo ferito da sentenze emanate con ‘termini poetici’ e inesattezze. Voglio che il mio dramma, come quello di tanti genitori, si rispetti nell’osservanza della verità».