L’appuntato Giovanni D’Alfonso ed il brigatista “impunito”

A distanza di più 40 anni dalla morte dell’appuntato abruzzese Giovanni D’Alfonso, vittima di un conflitto a fuoco con le Brigate Rosse, parla ad “In Cronaca”, questa sera su Rete8 alle 22.30, il figlio Bruno.

Era il 5 giugno del 1975, qualche giorno prima era stato sequestrato dalle Brigate Rosse il noto imprenditore piemontese Vittorio Vallarino Gancia, l’appuntato abruzzese Giovanni D’Alfonso, all’epoca 45enne, nativo di Penne, era di servizio in quelle zone, a fine turno sarebbe tornato a casa in occasione dell’annuale festa dei carabinieri. Tuttavia erano giorni caldi, l’Italia, quasi inconsapevole, era appena entrata nei sanguinosi “anni di piombo” che sarebbero culminati 3 anni più tardi con il sequestro e l’uccisione dell’Onorevole Aldo Moro. L’Appuntato D’Alfonso, insieme al Tenente Umberto Rocca e al Maresciallo Rosario Cattafi, uscì per una ricognizione in alcune cascine, in particolare alla cascina “Spiotta” ad Arzello di Melazzo in provincia di Alessandria, da dove erano giunte segnalazioni di movimenti non meglio identificati. Un semplice controllo per i tre carabinieri privi di un’adeguata strumentazione e senza copertura, mai si sarebbero immaginati che proprio in quella cascina era stato imprigionato Gancia, guardato a vista da un commando delle BR. Inevitabile il conflitto a fuoco nel quale, tra l’altro, rimase uccisa Margherita Cagol, moglie di Renato Curcio, e nel quale ad avere la peggio fu proprio l’appuntato Giovanni D’Alfonso, crivellato di colpi, morì dopo sei giorni di dolorosa agonia in ospedale. A distanza di oltre 43 anni il figlio, Bruno D’Alfonso, maresciallo dei carabinieri in pensione, parla in esclusiva davanti le telecamere di “In Cronaca”, in onda questa sera alle 22.30 su Rete8. Dopo anni di ricerche ed indagini personali spera che il caso si possa riaprire perché per l’omicidio di suo padre venne condannato Massimo Maraschi, un brigatista però arrestato il giorno prima.

“A quel conflitto parteciparono altri brigatisti – ci confida Bruno – non tutti identificati, in particolare uno, lo stesso che si occupò di fornire a Renato Curcio una relazione dettagliata di quanto avvenne, relazione corredata anche da schizzi e citata dallo stesso Curcio in un suo libro. Ebbene questo brigatista non è stato mai incriminato e credo, se ancora in vita, sia un uomo libero. Sta per uscire un libro dal titolo “La Storia Dimenticata” nel quale ci sono alcune memorie raccolte da due noti giornalisti, spero che questo serva a far riaprire il caso. Io – ricorda commosso Bruno – quando mio padre morì avevo solo 10 anni e di lui mi ricordo poche cose, la sua dolcezza ed il suo modo straordinario di farmi da padre.”

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