Secondo una perizia a causare l’inquinamento del mare ad Alba Adriatica nel 2010 e l’epidemia di enteriti e gastroenteriti non fu il malfunzionamento dei depuratori.
Secondo le conclusioni della super perizia affidata dal giudice Flavio Conciatori ai docenti Marco Guida e Massimiliano Fabbricini, nell’ambito del processo che vede imputati l’ex presidente della Ruzzo Reti Giacomo Di Pietro e altre cinque persone che all’epoca si trovavano ai vertici della Ruzzo e della controllata Spt, il mare sporco e l’epidemia di enteriti e gastroenteriti non furono causati dal malfunzionamento dei depuratori. Gli imputati, a vario titolo ed in base alle diverse posizioni, devono rispondere di accuse che vanno dal disastro ambientale all’epidemia colposa fino alle lesioni, hanno relazionato sulle attività svolte. Secondo la perizia dei due consulenti del Tribunale, tra il 2007 e il 2010 tutti gli impianti di depurazione incriminati “erano proporzionati e funzionali alla corretta attività di depurazione delle acque reflue”, seppur con configurazioni impiantistiche obsolete che avrebbero “richiesto una gestione del servizio depurativo particolarmente attenta e minuziosa”. Ed anche se vi furono delle “anomalie di funzionamento dell’impianto di Villa Rosa-Alba Adriatica in corrispondenza degli episodi patologici in questione” e una “generale non diligente gestione degli impianti di depurazione di Corropoli, Sant’Omero, Nereto e Sant’Egidio alla Vibrata”, che avrebbero contribuito, in maniera episodica per quel che riguarda l’impianto di Villa Rosa-Alba Adriatica o sistematica per quanto riguarda gli altri impianti, “all’alterazione dello stato di qualità delle acque superficiali interne e marino costiere”, difficilmente questo stato di cose può essere considerato come la causa degli “episodi patologici” riscontrati nell’agosto del 2010. Per i periti lo stato di alterazione delle acque del Torrente Vibrata “documentata fin dal 2004 dall’Arta Abruzzo” ed il suo peggioramento già a monte dell’impianto di depurazione di Villa Rosa-Alba Adriatica, dove la stessa Arta aveva individuato oltre ad un’importante attività zootecnica anche la presenza di scarichi di acque di dilavamento del terreno, rappresenterebbero elementi che consentirebbero di affermare “che l’apporto di inquinanti derivanti da scarichi abusivi di reflui municipali e di reflui provenienti da attività zootecniche nelle acque superficiali interne e nelle acque marino costiere, possa aver inciso sugli eventi in maniera non trascurabile”.