La Corte d’Appello de L’Aquila ha ridotto a 17 anni la pena nei confronti di Giovanni Iacone accusato dell’omicidio di Monia Di Domenico, la psicologa uccisa l’11 gennaio del 2017 a Francavilla al Mare. La rabbia dei genitori alla lettura della sentenza.
La Corte d’Appello de L’Aquila, dopo circa quattro ore di camera di consiglio, ha condannato Giovanni Iacone a 17 anni di carcere riducendo la pena stabilita, in primo grado, dal giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Chieti Isabella Maria Allieri che aveva condannato a 30 anni di reclusione il quarantanovenne che l’11 gennaio del 2017 ha ucciso brutalmente a Francavilla al Mare la psicologa Monia Di Domenico, 45 anni, originaria di Corropoli.
I familiari della vittima, insieme ad amici e parenti presenti, oggi pomeriggio a L’Aquila, appena hanno appreso la decisione della Corte hanno espresso rabbia e dolore. La madre Doretta, che ha accusato un malore, ha urlato tutto il suo dispiacere per una sentenza che ha detto “Non rende giustizia ad una persona che è morta nel modo più atroce. Siamo disperati ed affranti e con il nostro legale ora decideremo sul da farsi e non lasceremo nulla di intentato. La sentenza odierna è stata anche peggiore della morte di Monia “.
I genitori di Monia Di Domenico, mamma Doretta e papà Aldino, avevano chiesto, tramite del loro avvocato, che l’assassino della loro unica figlia non avesse “Altri sconti di pena avendo già scampato la condanna all’ergastolo grazie al rito abbreviato”.
La psicologa era stata colpita con 16 sassate al volto, “scannata” con un vetro del tavolino sul quale il suo assassino l’aveva scaraventata, avvolta in un lenzuolo e trascinata lungo le scale del condominio di via monte Sirente 63 a Francavilla al Mare dove era morta dopo 33 minuti.
In Primo grado Iacone era stato processato con il rito abbreviato subordinato ad una perizia psichiatrica chiesta dalla difesa, rappresentata dall’avvocato Emanuela De Amicis, ed eseguita dallo psichiatra Maurizio Cupillari. Perizia secondo la quale l’uomo era in grado di intendere a volere al momento del fatto ed ha la capacità di stare in giudizio. Iacone, era stato anche condannato a risarcire i danni alle parti civili, ovvero i genitori della vittima, assistiti dall’avvocato Giuliano Milia, ed era stato interdetto in perpetuo dai pubblici uffici.
L’accusa, in Primo grado, rappresentata dal pubblico ministero Giuseppe Falasca, aveva contestato a Iacone l’aggravante della crudeltà per via nei numerosi colpi, 16, con i quali la donna venne uccisa. Colpi inferti al volto e alla testa, sia con un sasso che con una grossa scheggia di vetro. Il fatto si verificò all’interno di un appartamento della famiglia della psicologa, abitazione data in affitto a Iacone. Quel giorno la donna si era recata da lui per recuperare una somma arretrata, a titolo di affitto, di circa 700 euro. Ma una banale discussione finì nel sangue. Iacone tentò anche di nascondere il cadavere nel sottotetto dell’edifico ma furono le tracce di sangue a indirizzare i carabinieri che poi scoprirono il corpo senza vita.
La pena di morte.
30 anni sono comunque pochi.
Uno cosi, con un brutale omocidio alle spalle, negli USA non l’avrebbe fatta franca manco per il ca… gli avrebbero dato la CAMERA A GAS.
Quante persone bisogna uccidere per meritare 30 anni?