Si è svolto stamane l’incontro fra l’Amministrazione e gli eredi Clerico, dopo il sopralluogo della settimana scorsa che ha fatto seguito all’ordinanza per la messa in sicurezza dei palazzi e dell’area.
Oltre agli eredi erano presenti il vicesindaco Antonio Blasioli, l’assessore al Governo del Territorio Loredana Scotolati, il direttore del Comparto Tecnico Tommaso Vespasiano, il dirigente del settore Urbanistica Gaetano Silverii, il dirigente all’edilizia Aldo Cicconetti e la responsabile del servizio Isabel D’Ercole, per fare il punto sulla storia e la situazione degli immobili Clerico non terminati e siti fra via Tavo e via Tiburtina. La complessa procedura risale addirittura al 30 agosto 1968, 50 anni fa, quando sono state rilasciate le licenze edilizie. Tre di questi edifici sono stati completati, venduti e abitati, si tratta di quelli posti tra gli immobili Ater noti come “Ferro di Cavallo” e i ruderi ancora in costruzione; delle strutture rimanenti due palazzi sono terminati, mancano solo le rifiniture, mentre di un altro sono state realizzate solo le fondamenta. Con il cambio del Prg, un’ordinanza del sindaco dell’epoca datata 16 novembre 1983 in applicazione delle norme di salvaguardia, dispose la decadenza delle licenze edilizie. Il 27 gennaio 1984 Emidio e Domenico Clerico impugnarono l’ordinanza davanti al Tar, che con sentenza n. 397 del 1985 accoglieva i ricorsi dei proprietari. Successivamente la sentenza, probabilmente anche a causa dell’improvvisa fine della legislatura dovuta alla morte dell’allora sindaco Casalini, non venne impugnata ed è quindi passata in giudicato. Gli eredi Clerico chiesero una proroga dei termini per la realizzazione, ma l’Amministrazione di allora non si espresse. Successivamente, intorno al mese di ottobre del 2003, nell’ambito dell’individuazione della possibile localizzazione della caserma dei carabinieri che attualmente sorge in via Lago di Borgiano, si cercò un trasferimento compensativo e per questo fine l’Amministrazione si occupò di redigere una relazione peritale per la fotografia dello stato dei luoghi e soprattutto per l’individuazione esatta delle superfici legittimate. A questo stato di consistenza lavorarono l’architetto Vespasiano e il dirigente Gaetano Silverii, presenti oggi in riunione e come consulente esterno il professor Stefano Civitarese. La relazione ha riconosciuto legittimate una superficie complessiva di 20.916 mc di cui 9.651 per il fabbricato 6, 9.651 per il fabbricato 7 e 1.614 per il fabbricato 3. Da allora alterne vicende di rapporti fra i proprietari e l’Amministrazione comunale hanno comportato un sostanziale immobilismo su quell’area che attualmente, per l’attuale Amministrazione rappresenta, dopo il cosiddetto contratto di quartiere i cui lavori sono ormai iniziati in via Trigno, il più grande detrattore ambientale-edilizio di Pescara e, soprattutto, una emergenza sociale e di sicurezza assolutamente da affrontare e risolvere. Si tratta di una procedura sicuramente complessa, perché, oltre a individuare lo strumento edilizio necessario (che potrebbe essere un accordo procedimentale ex articolo 11 legge 241 ’90 o una variante al piano), richiede anche la necessità per i proprietari di rientrare nelle spese sostenute dai genitori dopo l’ordinanza del 1983 che è stata caducata dal tar. Da parte dei tre eredi ancora oggi è stata ribadita la massima collaborazione a trovare una soluzione e l’incontro odierno è stato utile per ricostruire una vera e propria fotografia tecnica della situazione edilizia.
“Ho accolto con soddisfazione la volontà di collaborazione da parte degli eredi, anch’essi stufi di vedere associato il loro nome e quello dei parenti a una situazione come quella dei palazzi, di cui non hanno colpe – così il vicesindaco Antonio Blasioli – I nostri uffici si sono presi una settimana di tempo per esaminare i documenti e torneremo a riunirci martedì 13 novembre per comprendere quale può essere il migliore strumento edilizio per agire. La decisione toccherà naturalmente ai proprietari. Abbiamo esaminato anche in termini di messa in sicurezza dell’area, specie riguardo alla messa in sicurezza degli immobili, oggi meta di senza dimora e tossici, e abbiamo apprezzato il fatto che le aree sono state pulite e richiuse, ma è normale che ci attendiamo un’interdizione degli immobili che risolva il problema fino alla prossima destinazione”.