Palazzo Giustizia L’Aquila: Dove sono le targhe per i magistrati eroi? A porre il quesito Arnaldo Ettorre, ex partigiano della Brigata Maiella.
La richiesta di Ettorre, che fa seguito ad altri interventi, é quella di ricollocare nel Palazzo di Giustizia dell’Aquila le due targhe commemorative in ricordo dei magistrati uccisi dai nazifascisti, Mario Tradardi e Pasquale Colagrande. Ad Ettorre, l’unico partigiano della Gloriosa Brigata Maiella rimasto ancora in vita a L’Aquila, lo scorso 25 aprile, in una cerimonia che si svolse in prefettura, il dottor Francesco Alecci, rappresentante del governo, gli consegno’, a nome del ministro della Difesa Roberta Pinotti, la “Medaglia della Liberazione”. Il partigiano, che conobbe Tradardi nel novembre del 1944 a Recanati, si appella al presidente del Tribunale e al sindaco dell’Aquila.
“Ormai ad un anno dalla riapertura del palazzo di giustizia dopo i lavori post-sisma, e’ davvero triste e sconsolante constatare che le due targhe siano ancora accatastate in un magazzino di Avezzano. E’ uno schiaffo ai due patrioti che hanno immolato la loro vita in nome della Liberazione e dell’oppressione nazifascista”.
Per Ettorre, che nel palazzo di giustizia dell’Aquila ha lavorato tra la Corte d’Appello e poi come coordinatore del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati:
“la mancata ricollocazione delle targhe fa presupporre una scarsa sensibilita’ per la quale noi partigiani ci sentiamo feriti. Non e’ certo un bell’esempio – osserva ancora Ettorre – nei confronti di quanti dovrebbero conservare gelosamente il ricordo di due eroi. Le targhe – seppur dedicate ai soli Tradardi e Colagrande – devono essere ricollocate al loro posto nel piu’ breve tempo possibile perche’ sono espressione di una memoria che ne’ oggi ne’ domani potra’ essere mai cancellata”.
L’anziano partigiano ricorda il capitano Tradardi come:
“una persona decisa, un uomo stimato da tutti nell’ambiente in cui si viveva. Ero entusiasta e orgoglioso – rammenta – di essere un suo partigiano, perche’ ispirava fiducia per il suo tratto cordiale, anche se ‘severo’ nel trattare i suoi partigiani, i quali ricambiavano con assoluto rispetto ogni suo modo di decidere. Conservo imperituro il ricordo di un uomo, un valoroso, per il quale nutrivo una particolare ammirazione. Durante la risalita verso il Nord facemmo una breve sosta a Foligno, durante la quale il comandante Tradardi ci disse: ‘vado a salutare i miei 5 figli’. Rimasi colpito da quell’annuncio perche’ non sapevo che all’epoca la sua famiglia risiedeva a Foligno, citta’ natale dello stesso capitano. Fu proprio in quell’occasione che i figli del comandante videro per l’ultima volta il proprio padre; cosi’ mi disse Maria Teresa Tradardi, una delle figlie. Mentre ero a San Giustino Valdarno (frazione del Comune di Loro Ciuffenna, in provincia di Arezzo, ndr) per un breve periodo di convalescenza – conclude Arnaldo Ettorre – appresi con commosso dolore la triste notizia della morte in combattimento a Monte Mauro (un’altura dell’Appennino Faentino, nella Vena del Gesso Romagnola, ndr) del nostro valoroso comandante”.
Pasquale Colagrande poco dopo la caduta del fascismo si reco’ nel carcere di Ferrara, citta’ dove lavorava come pm, ordinando la scarcerazione di tutti i detenuti politici. Un gesto che non fu mai dimenticato dai fascisti i quali, un mese dopo l’armistizio, lo arrestarono con altri partigiani. Dal carcere avrebbe potuto anche evadere con la complicita’ del direttore dell’istituto ma non lo fece. La sua morte avvenne per mano dei Repubblichini che lo fucilarono. Le due targhe marmoree campeggiavano nel palazzo di giustizia dell’Aquila e ogni 25 aprile erano al centro delle numerose cerimonie per la Liberazione.