All’indomani della proclamazione di Papa Giovanni XXIII come patrono dell’Esercito, interviene l’arcivescovo di Pescara-Penne, monsignor Tommaso Valentinetti: “Una assurdità per chi denunciò ogni tipo di guerra e invocò il disarmo.”
“Mi unisco all’appello di monsignor Ricchiuti e trovo come lui irrispettoso coinvolgere papa Giovanni come patrono delle Forze Armate”. È monsignor Tommaso Valentinetti, a parlare all’indomani della proclamazione di San Giovanni XXIII come Patrono dell’Esercito. L’arcivescovo di Pescara-Penne, in sintonia con il presidente di Pax Christi, movimento che lui stesso ha guidato dal 2003 al 2009, definisce “un’assurdità l’accostamento tra la figura di Papa Roncalli e le forze armate, tra il Pontefice dell’Enciclica Pacem in Terris, che denunciò ogni tipo di guerra e invocò il disarmo, e l’esercito. Un’assurdità anche perché non rappresenta il ‘sensus fidei’ di tanti credenti che hanno conosciuto il Papa come l’uomo amorevole e il Pontefice finalmente vicino, anche fisicamente, alla gente”.
È amareggiato Monsignor Valentinetti che non riesce a tollerare il fatto che “si possa giustificare questa operazione avviata nel lontano 1996 – continua l’arcivescovo – e per questo segnata da innumerevoli difficoltà e dubbi in seno ecclesiale, con il fatto che l’allora Giuseppe Angelo Roncalli rispose all’obbligo della leva in sostituzione del fratello. Si dimentica, però. che lo stesso Papa, in diverse lettere, descriveva l’esperienza da militare come traumatica, tanto che tornato a casa volle staccare dai suoi abiti e da se stesso tutti i segni del servizio militare. Ed ora cosa fanno? Gli ricuciono addosso una mimetica, inventando un presunto beneplacito della buonanima del cardinale Capovilla. Chi ha conosciuto però l’arcivescovo, tornato alla casa del Padre lo scorso anno, sa benissimo che mai avrebbe potuto tollerare una volontà tanto contraria al Papa che ha sostenuto e servito”.
Anche l’associazione tra il Papa buono e le missioni di pace dell’Esercito non piace al presule che, però, auspica un cambiamento necessario.
“Spero che, a questo punto, l’intercessione di San Giovanni – ribadisce Valentinetti ricordando la lettera enciclica del 1963 e l’opera del Santo Padre – cambi radicalmente la politica militare italiana. Al n. 60 del suo stupendo documento il Pontefice domandava che venisse arrestata la corsa agli armamenti e si riducessero simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti. Una richiesta disattesa, ma non si potrà invocare il nome del Santo protettore senza, quantomeno, adoperarsi perché i rapporti fra le comunità politiche – e cita ancora l’enciclica al n. 62 – come quelli fra i singoli esseri umani, siano regolati non facendo ricorso alla forza delle armi, ma nella luce della ragione; e cioè nella verità, nella giustizia, nella solidarietà operante e soprattutto che al criterio della pace che si regge ancora sull’equilibrio degli armamenti, si sostituisca il principio che la vera pace si può costruire soltanto nella vicendevole fiducia”.
L’ordinario militare per l’Italia, monsignor Marcianò, ha consegnato la Bolla della Congregazione per il Culto divino al capo di Stato Maggiore dell’Esercito. “Giovanni XXIII è uno di noi – replica don Angelo Frigerio, vicario generale dell’ordine militare, che ricorda come Roncalli sia stato mai “pentito, prima militare di leva, poi cappellano dell’esercito”. Ma la scelta continua ad essere avversata da parte della Chiesa ritenuta inopportuna ed anche offensiva dice, al nostro microfono, monsignor Vincenzo Amadio, parroco della Chiesa di San Pietro Apostolo a Pescara.
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