Non sono confortanti i numeri emersi dall’ultima riunione al Mise per quel che riguarda la produttività alla Brioni. Preoccupati i sindacati.
Crollo verticale della produttività, nel giro del triennio 2017-2019, alla Brioni Roman Style di Penne. La Kering, nuova proprietaria del marchio, ostenta ottimismo, ma i numeri parlano chiaro. Nella riunione al Mise dello scorso 29 novembre le previsioni parlano di 113 mila pezzi, rispetto agli oltre 162 mila dello scorso aprile, mentre per il 2020 il delta arriva ad oltre 85 mila pezzi in meno, 85.615 per l’esattezza. C’è un problema anche di fidelizzazione, evidentemente, visto che nel 2019 si è perso l’80% dei clienti, un dato mitigato dall’aumento dei nuovi clienti ma che nel raffronto comunque danno un segno meno. Quest’anno, di fatto, la Brioni ha perso, quindi, 4000 clienti. Si resiste sul fronte accessori, con calzature, maglieria e bijotteria per un +5%, ma si registra un preoccupante calo per quella che rappresentava la punta di diamante, vestiti, giacche a cappotti -11%, sale solo la produzione di maglie +63%. Se a tutto questo ci aggiungiamo che da luglio ad oggi sono già state licenziate 50 persone e che si è tornati alle 34 ore settimanali, il quadro si completa e dalla riunione del 29 a Roma nemmeno alcuna traccia della previsione sul triennio 2020-2022.
“Si naviga praticamente a vista – lamenta Luca Piersanti della Uil – per non dire del progetto di produzione di pantaloni a Montebello completamente fallito. Vorremmo capire quanto l’attuale proprietà voglia davvero puntare su un sito produttivo storico non solo in Abruzzo, ma nel mondo, contando che dai quasi 1500 dipendenti si è passati negli ultimi mesi a poco più di 900. Vigileremo sulla situazione ma siamo pronti a forme di proteste importanti per tutelare l’occupazione e la produttività della Brioni”.