La tratta e lo sfruttamento dei migranti al centro di un convegno all’Aurum di Pescara. L’associazione On the road dice no alle economie illegali.
Lo sfruttamento del lavoro migrante, così come quello dell’accattonaggio e delle economie illegali (spaccio di droga, furti, scippi) sono due facce della stessa medaglia spiega Fabio Sorgoni, responsabile Area Tratta dell’associazione On the Road Onlus, impegnata da tempo in favore dei più deboli. I temi sono al centro di un convegno in programma oggi e domani all’Aurum di Pescara. In Abruzzo per quanto riguarda lo sfruttamento del lavoro dei migranti in agricoltura l’area in cui è maggiormente concentrato il fenomeno è quella della Marsica. Fare rete tra associazioni è importante – ha evidenziato Sorgoni- ma le Istituzioni nazionali e locali devono mettere in cima alle loro agende questi problemi. Sulla piana del Fucino, nella Marsica, si è passati, nel corso degli anni, dalla vendita dei permessi di soggiorno a quella delle dichiarazioni di residenza che costano ai migranti, sfruttati e impegnati in lavori a cottimo o a giornata, 800 euro all’anno che vengono dati ai loro connazionali. In Puglia c’è un altro caso inquietante che riguarda i migranti che lavorano nei campi agricoli. Devono pagare 50 euro al mese per vivere in case fatiscenti, stipati in venti persone in una catapecchia.
On the Road in un comunicato stampa ricorda che i fenomeni in questione sono “complessi, caleidoscopici, legati a variabili che hanno elementi di forte persistenza nel tempo ed altri legati a situazioni contingenti e mutevoli. Fino a non molti anni fa, tratta e sfruttamento erano principalmente sinonimo di prostituzione coatta e le politiche e le pratiche di intervento (contrasto e prevenzione, emersione, identificazione, protezione sociale, inserimento sociale e lavorativo delle vittime) erano pensate e realizzate per rispondere ai bisogni di persone sfruttate in questo ambito. La situazione attuale è molto diversa e le cause sono molteplici. Tra le più importanti ci sono: l’aumento esponenziale degli arrivi di migranti, spesso in situazione di estrema vulnerabilità; l’impoverimento di larghe fasce della popolazione, in particolare immigrata, dovuto alla persistente crisi economica; la maggiore capacità delle organizzazioni criminali di sfruttare i punti deboli dei nostri sistemi (di contrasto, di pianificazione, di accoglienza, di controllo) e di collaborare con circuiti economici nazionali (illegali, legali, o del “mondo di mezzo”). Chi lavora sul campo ha colto da tempo questi cambiamenti, e si è attrezzato per sviluppare pratiche di intervento per raggiungere e portare aiuto a migranti che sono sfruttati in ambiti diversi dalla prostituzione. Lo sfruttamento del lavoro migrante e lo sfruttamento dell’accattonaggio e delle economie illegali (spaccio, furti, scippi) sono due facce della stessa medaglia, le cause sono spesso simili e le dinamiche si sovrappongono: ad esempio la vendita di oggetti in strada (fazzolettini, fiori, ombrelli) o le esibizioni artistiche (musica o altro) organizzate da sfruttatori che distribuiscono la merce e assegnano le aree di attività, possono essere considerate una forma di accattonaggio o di sfruttamento lavorativo; la dislocazione di persone che chiedono l’elemosina davanti ai supermercati è organizzata spesso da “caporali” che reclutano, assegnano i posti e chiedono la percentuale. Questi fenomeni coinvolgono molteplici ambienti e attori sociali: l’accattonaggio può diventare un problema di degrado urbano che incide sulla vita quotidiana dei cittadini e richiede una governance degli enti locali che non sia esclusivamente repressiva; lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura è possibile solo grazie alla complicità dell’intera filiera di produzione e chiama in causa sindacati, enti datoriali, ispettorati del lavoro, regioni, enti locali, ma anche l’industria agroalimentare e la grande distribuzione, e, non ultimo, il consumatore, che compra i prodotti. Abbiamo quindi deciso di dedicare un convegno nazionale di due giorni allo sfruttamento lavorativo e dell’accattonaggio, dove abbiamo invitato a confrontarsi molti dei principali protagonisti nazionali delle politiche e pratiche che incidono su questi fenomeni. Abbiamo coinvolto enti del terzo settore e altri soggetti che lavorano quotidianamente a contatto con le persone sfruttate, per raccontare le dinamiche attraverso le quali avviene lo sfruttamento nei campi abruzzesi, molisani, pugliesi, siciliani e laziali, o nei centri urbani di Pescara, Pontedera, Roma e Parma, intellettuali, giudici, avvocati, studiosi di fenomeni sociali, dirigenti di enti pubblici, sindacalisti, scrittori, per momenti di confronto sulle connessioni tra i vari aspetti del fenomeno e ragioneranno sulle possibili strategie da adottare per contrastare questi crimini e supportare le vittime”.
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