<Come è noto la problematica del disavanzo del bilancio in aggiunta ai debiti della sanità è stata ereditata dalla Giunta D’Alfonso dalle amministrazioni precedenti>: così il senatore Luciano D’Alfonso, già presidente della Regione Abruzzo, sulla bocciatura del piano di rientro regionale da parte della Consulta.
Il presidente della sesta Commissione Finanze e Tesoro del Senato della Repubblica parla della decisione della Corte costituzionale che ha dichiarato l’illegittimità della decisione della Regione Abruzzo di rientrare dal deficit finanziario in vent’anni anziché in dieci.
D’Alfonso spiega che <Durante la scorsa legislatura le nuove norme, in particolar modo il d. lgs. 118/2011 avrebbero imposto alla Regione un rientro insostenibile che avrebbe azzerato ogni stanziamento per finanziare i diritti essenziali ai cittadini.
Ecco perché deve essere rivendicato con forza l’aver guadagnato una norma nazionale, l’ammortamento a 20 anni, che da un lato ha consentito un cospicuo abbassamento del disavanzo, l’Ente ha portato il disavanzo da 700 milioni a 400 milioni, coprendo un passivo di 300 milioni in sei anni, ovvero ben oltre quanto previsto dalla norma statale, norma utilizzata da ben 5-6 Regioni tra cui Lazio, Campania , Piemonte, dall’ altro ha permesso di finanziarie i diritti legati al sociale ed al trasporto pubblico.
Negli stessi anni si è anche concluso il Commissariamento della sanità.
Un riequilibrio di 300 milioni in 6 anni dal 2015 ad oggi, ad un ritmo di 50 milioni annuo è largamente responsabile. Immaginare soltanto che andasse garantito un riequilibrio di 135 milioni di euro l’anno, nei fatti insostenibile per garantire un livello minimo di servizi, tant’è che in nessuna regione e’ avvenuto, sarebbe stato oltremodo penalizzante in termini di riequilibrio tra generazioni esattamente tra il periodo 2000-2007 e quello successivo>.
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