Auditorium del Rettorato di Chieti stracolmo ieri pomeriggio per l’incontro con il pool che riuscì a sgominare la banda della Uno Bianca.
Una delle vicende di cronaca nera più inquietanti nella storia d’Italia, accaduta a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90, che vide operare in un raggio d’azione tra Bologna e Pesaro, una banda senza scrupoli autrice di oltre cento azioni criminali tra l’87 ed il ’94, lasciando dietro di se una lunga scia di sangue con 24 vittime e 102 feriti, tra questi anche diversi esponenti delle forse dell’ordine tra poliziotti e carabinieri. A sgominare quella banda dopo 7 anni di terrore tra Emilia Romagna e Marche, un pool formato da due tenaci poliziotti Luciano Baglioni e Pietro Costanza ed un magistrato che nel 1993 non ebbe paura di ereditare un fascicolo che i suoi colleghi tenevano a debita distanza, il sostituto procuratore oggi ad Ancona, Daniele Paci. Per loro fu ancora più doloroso e sconvolgente scoprire che la gran parte dei componenti di quella banda erano poliziotti, in particolare i fratelli Roberto ed Alberto Savi. A distanza di 24 anni poche uscite pubbliche in giro per l’Italia, un libro che ha ispirato anche una fiction su Mediaset qualche anno fa, ma nulla più. Ieri Paci, Baglioni e Costanza hanno, però, voluto essere presenti ad un interessante incontro organizzato dalla sociologa Micaela Buffignani, in collaborazione con l’Università “d’Annunzio” ed i docenti di sociologia politica e sicurezza internazionale Antonello Canzano e la docente di criminologia Ermenegilda Scardaccione , per raccontare la loro storia a centinaia di studenti del corso di criminologia.
“Dopo 7 anni di indagini a vuoto – ci racconta il vice dirigente Baglioni – non abbiamo mai mollato e sulla spinta costante del magistrato Daniele Paci in nove mesi siamo riusciti ad individuare la pista giusta, é stato però sconvolgente per noi scoprire che gli autori di quei terribili crimini erano nostri colleghi”
Per i principali protagonisti di quella vicenda é scattato l’ergastolo ma i famigliari delle vittime tornano a far sentire la loro voce perché siamo già in una fase in cui i responsabili di quegli eccidi potrebbero beneficiare di permessi premio o sconti di pena:
“La ragione di questo incontro – ci spiega Micaela Buffignani, da anni residente a Chieti ma bolognese ed amica di una delle vittime della Banda della Uno Bianca – é anche per tenere desta l’opinione pubblica su quello che potrebbe rappresentare un problema di non poco conto e comunque per far conoscere alle nuove generazioni uno dei fatti di cronaca più terribili del nostro Paese.”