Sequestrati 130mila euro a professore dell’Università d’Annunzio. Secondo le indagini, per due anni e mezzo avrebbe percepito lo stipendio senza svolgere le lezioni e affidandole ai suoi collaboratori. E’ accusato di truffa aggravata e falso.
I militari del Nucleo di polizia economico-finanziaria della guardia di finanza e della polizia giudiziaria della procura della Repubblica di Chieti hanno eseguito un provvedimento di sequestro preventivo emesso dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale teatino nei confronti di un professore ordinario dell’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, per ipotesi di reato di truffa aggravata e falso. In particolare, secondo la ricostruzione dei finanzieri, dall’attività di indagine è emerso il totale inadempimento degli obblighi didattici a carico del citato docente previsti dai piani di studio dell’Ateneo.
“Dalle dichiarazioni degli studenti, dei collaboratori di cattedra, sentiti in atti, e dall’analisi documentale acquisita presso l’Università in parola”, spiega la Finanza in una nota, “è emerso che il professore, per l’intero anno accademico 2016/2017, 2017/2018 e per il primo semestre del 2018/2019, ha omesso di svolgere le lezioni frontali previste e dovute, affidate in via sistematica ai suoi collaboratori, cultori della materia e non. È stato, altresì, accertato che il professore, nel periodo dicembre 2018-luglio 2019, ha falsamente attestato sul registro delle attività didattiche, di aver svolto una serie di attività in favore degli studenti (esami, ricevimento studenti, lezioni ed esercitazioni), attività in realtà mai svolte.
Infatti, dalla comparazione delle annotazioni riportate sul citato registro e dalle celle agganciate dall’utenza in uso al docente, è emerso che quest’ultimo risultava fuori sede ovvero in Comuni limitrofi, ed in alcuni casi neanche in Abruzzo”.
Inoltre, secondo i finanzieri, “è stato accertato che il professore, mediante mendaci dichiarazioni attestate nell’istanza presentata all’Università degli Studi “G. d’Annunzio” di Chieti–Pescara, tendente ad ottenere l’attribuzione degli scatti stipendiali, otteneva l’esito positivo da parte della Commissione per la verifica dei soggetti ammissibili all’attribuzione degli scatti stipendiali e, dunque, la conseguente liquidazione degli emolumenti, sia in termini di arretrati che di quota mensile. Tali illecite condotte hanno permesso all’autorità giudiziaria di richiedere l’applicazione della misura cautelare del sequestro equivalente al profitto illecitamente conseguito pari ad oltre 130.000 euro”.