L’ex patron di Villa Pini Vincenzo Angelini a giudizio presso il tribunale di Roma per un sarcofago del III secolo Dopo Cristo, acquistato da un privato ma probabile provento di scavi clandestini.
Il prezioso manufatto, inventariato e sequestrato nell’ambito del procedimento per il fallimento del gruppo Angelini, viene inizialmente affidato alla curatela fallimentare che provvede, come da prassi, alla sua vendita all’asta. Si tratta, secondo gli esperti, di un reperto di assoluto prestigio, in marmo bianco e sulle cui origini la Sovrintendenza non sembra avere dubbi, risale al III secolo d.c., é di epoca romana e dunque potrebbe essere provento di qualche scavo clandestino o illecito. Secondo gli accertamenti Angelini lo avrebbe acquistato da un privato, da qui l’accusa di ricettazione alla quale si aggiunge anche quella di omessa denuncia alla Soprintendenza, negando di fatto la possibilità all’autorità amministrativa di effettuare i dovuti accertamenti scientifici sul sarcofago. La difesa di Angelini, invece, ritiene, che specificatamente al secondo capo d’accusa, ci sia quanto meno un’incongruenza di carattere temporale, visto che nel luglio del 2013, periodo a cui fa riferimento la contestazione, il sarcofago non era già più nelle disponibilità dell’ex imprenditore perché già sotto sequestro nell’ambito dell’attività giudiziaria legata al fallimento.