Si leva la protesta a Chieti capeggiata dal sindaco Di Primio per il mancato contributo della Regione Abruzzo in favore del Teatro Marrucino. Sabato saremo costretti a chiudere.
Nonostante siano giunte dalla Regione tre lettere, una nell’agosto del 2017 e due nell’agosto del 2018, dove, in particolare nella prima, si annunciavano, oltre al contributo ordinario per la stagione 2017/2018 di 300 mila euro, ulteriori 200 mila euro di fondi straordinari per il bicentenario del prestigioso Marrucino di Chieti, ad oggi, 24 settembre 2018, non è pervenuto un solo euro. A nulla sono valsi gli incontri tenuti, anche nelle ultime settimane, con il presidente reggente della Regione Giovanni Lolli che ha pur dimostrato piena disponibilità, per un cavillo burocratico di natura amministrativa questi fondi, per ora, non arriveranno. Il grido d’allarme del sindaco di Chieti, comune proprietario del teatro, Umberto Di Primio che illustra il triste scenario:
“Il teatro sta andando avanti con i soli 400 mila euro del Comune, perché in mancanza dei contributi regionali non si possono allestire gli spettacoli necessari per accedere ai fondi del Ministero dei Beni Culturali ed in programma per il prossimo autunno. Va da se che sarò costretto sabato prossimo a chiudere il teatro.”
E dire che in una lettera dell’11 agosto del 2017, a firma del presidente D’Alfonso, la Regione assicurava un finanziamento di ulteriori 200 mila euro in occasione del bicentenario e seppure, nei giorni scorsi, l’assessore regionale al bilancio Silvio Paolucci abbia voluto sottolineare quanto la Regione ha erogato negli ultimi 4-5 anni, a tre mesi dalla fine dell’anno e con almeno due prestigiose produzioni liriche alle porte, il Marrucino si trova nell’imbarazzante condizione di non poter firmare importanti contratti:
“Tra ottobre e novembre dovrebbero partire almeno un paio di coproduzioni con i teatri marchigiani – spiega il presidente del Cda Cristiano Sicari – in particolare con il prestigioso Sferisterio di Macerata, ma allo stato attuale siamo costretti a fare un passo indietro non potendo garantire, allo stato attuale, il minimo impegno”
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