processo Ial Cisl Abruzzo: il Pm chiede riqualificazione reato, dal 640 bis (truffa allo Stato) al 314 (peculato), per evitare la prescrizione.
Ennesima udienza stamane al tribunale di Pescara per l’antica vicenda dei corsi di formazione alla Cisl, alla sbarra 19 imputati, tra vertici dello Ial ed altri dirigenti sindacali. Uno dei tanti scandali, in Abruzzo, che rischiano di evaporare per via della prescrizione. Già condannati dalla Corte dei Conti, sul piano penale c’é il concreto rischio che gli imputati possano uscire indenni per la scadenza dei termini. Anche e soprattutto per questa ragione stamane il Pm Andrea Papalia ha chiesto la riqualificazione del reato, almeno per i 4 principali imputati, Francesco Gizzi e Bruno Colombini, dirigenti dello Ial, Marco Michetti e Claudio Graziani, rispettivamente ex direttore Ial di Teramo e responsabile amministrativo nell’ufficio regionale sui conti di spesa. La richiesta del Pm é quella di passare dal 640 bis (truffa allo Stato), con prescrizione di 7 anni e sei mesi, al 314 (peculato), con prescrizione a 12 anni e sei mesi. In questo modo si avrebbe tempo fino al 2019. resta il 640 bis, invece, per gli altri 15 imputati e qui si aprirebbe un nuovo fronte di dura battaglia tra accusa e difesa, nel quale, secondo l’accusa, i fatti contestati partirebbero dal 2007 ma si prolungherebbero fino al 2010 ed é da questa data che si dovrebbe tenere conto della prescrizione; secondo la difesa, invece, il punto di partenza é il 2007 e dunque, in questo caso, la prescrizione sarebbe già avvenuta nel 2014. Lo scandalo dei corsi di formazione dello Ial Cisl é scoppiato negli anni bui della Regione Abruzzo, a cavallo tra le inchieste sulla Fira e quella di Sanitopoli. Secondo l’accusa la truffa riguarderebbe l’accreditamento per ben 454 progetti formativi con un danno erariale pari a 23.629.424 euro. Stando a quanto recita l’ordinanza:
«I 4 principali imputati avrebbero messo su un’idonea struttura con un affidamento di ruoli specifici a ciascuno dei componenti, anche avvalendosi delle strutture logistiche, delle attrezzature del personale in dotazione dell’ente stesso, avvalendosi di appositi mezzi e strumenti come timbri falsi»
Avrebbero, tra l’atro, falsificato la documentazione relativa ai versamenti degli oneri contributivi e previdenziali per circa 2 milioni di euro distraendo ingenti somme alle casse della Regione, finite poi anche su conti privati degli indagati. Tra le prove a carico degli imputati la presentazione di modelli F24 falsi, autocertificazioni relative alla regolarità degli adempimenti assistenziali e previdenziali, esibizione di documenti di costo falsi, certificati dai revisori dei conti. Dalle indagini compiute dalla Guardia di Finanza era emerso, tra l’altro, che la rendicontazione prevista non era stata depositata, progetti mai portati a termine e quelli conclusi non erano stati saldati. I partecipanti ai corsi avevano, inoltre, riferito che la qualità dei corsi era mediocre ed inadeguata allo svolgimento degli impieghi per i quali erano stati programmati e che non era nemmeno stato garantito il rimborso delle spese per la frequentazione dei corsi stessi.