Al via, al Tribunale di Teramo, le deposizioni dei primi otto testimoni citati dalla Pubblica accusa nel processo a Giuseppe e Simone Santoleri, padre e figlio, imputati per aver ucciso la moglie e la madre, Renata Rapposelli.
La donna, 64enne originaria di Chieti, venne trovata senza vita in una scarpata di Tolentino. In aula, tra i primi a deporre, gli uomini della polizia giudiziaria, che hanno ripercorso parte delle indagini, e alcuni cari amici della pittrice, tra cui l’uomo che fu il primo a denunciarne la scomparsa da Ancona. Assente anche in questa seconda udienza Simone, detenuto nel carcere di Lanciano. Davanti alla Corte d’Assise presieduta da Flavio Conciatori, i primi otto testi citati dal pm Enrica Medori, hanno in particolare ripercorso le attività investigative compiute nei primissimi giorni ad Ancona, la città marchigiana in cui Renata Rapposelli si era trasferita dopo aver lasciato Giulianova in seguito alla separazione dal marito. La Corte, nella precedente udienza, aveva ammesso tutti i mezzi di prova tra cui anche le intercettazioni ambientali e telefoniche. Per questo, oggi, sono stati nominati dal tribunale i tre periti che dovranno trascriverle entro 90 giorni. Un omicidio, quello della pittrice, che il gip Roberto Veneziano negli atti ha definito: “Un piano di azione preordinato alla esecuzione del grave delitto”. La tesi della premeditazione si basa anche su un elemento: “le grandi buste nere della spazzatura risultano acquistate qualche giorno prima, e poi usate per nascondere e trasportare il corpo da Giulianova a Tolentino, dove è stato lasciato sulle rive del fiume Chienti”. Va ricordato che Santoleri senior nello scorso novembre, nel corso di un’audizione nel carcere teramano di Castrogno, aveva dichiarato al sostituto procuratore Medori che a soffocare la donna fu il figlio Simone e che proprio per paura di quest’ultimo, non aveva parlato prima d’allora. Simone finora, resta il grande assente del processo.
Il servizio del Tg8