Secondo l’ultimo report dell’ufficio per il supercoordinamento sulla sicurezza dei cantieri (a piazza San Bernardino) al 31 marzo il 75% degli operai della ricostruzione è formato da italiani, tradotto in numeri sono 2.564; quasi il 25% è costituito da stranieri, per un totale di 3.414 maestranze.
Secondo l’ultimo report dell’ufficio per il supercoordinamento sulla sicurezza dei cantieri (a piazza San Bernardino) al 31 marzo il 75% degli operai della ricostruzione è formato da italiani, tradotto in numeri sono 2.564; quasi il 25% è costituito da stranieri (per lo più rumeni, albanesi e macedoni), per un totale di 3.414 maestranze. I dati emergono dall’accreditamento per il “badge elettronico”, ideato per i lavoratori impegnati nella ricostruzione e stabilito con un’ordinanza del sindaco Massimo Cialente nel 2015. Strumento che avrebbe dovuto monitorare gli operai (e le ditte) della ricostruzione post-sisma, fotografare la provenienza, controllare i cantieri attivi e i flussi di manodopera delle ditte principali e subappaltatrici. E fare da “sentinella” contro eventuali infiltrazioni mafiose nel più grande cantiere d’Italia. Invece la lentezza del Parlamento – che avrebbe dovuto normare il badge, strumento unico in Italia e che sarebbe utile anche nella ricostruzione dei territori colpiti dai recenti terremoti – è efficace soltanto a metà, in quanto i 3.414 operai accreditati (da cui si devono detrarre 300 operai che hanno riconsegnato il badge per la chiusura dei cantieri) non corrispondono al numero effettivo di lavoratori operanti nei cantieri della ricostruzione dell’Aquila, come spiega l’ingegnere Giuseppe Galassi dell’Ufficio per il supercoordinamento.
Risultano impegnate nella ricostruzione del territorio comunale circa 650 imprese, di cui 400 in centro storico (molte imprese seguono più di un cantiere) e 250 tra frazioni e periferie: facendo una stima in base al tipo di cantieri, dovrebbero essere accreditati tra i 6.500 e i 10mila operai. Il Governo avrebbe dovuto recepire lo strumento negli emendamenti presentati in Parlamento due anni fa, ma da allora è tutto fermo, perché senza l’obbligatorietà delle norme le ditte non si preoccupano di richiedere il tesserino, come spiega l’ingegnere Giuseppe Galasis dell’Ufficio per il supercoordinamento sulla sicurezza nei cantieri. Il badge è Uno strumento di cui si avvalgono anche la Prefettura e il relativo coordinamento per la sicurezza nei cantieri, e tutte le forze dell’ordine a caccia di furbetti e criminali.
“Se fosse obbligatorio i numeri emersi sarebbero di gran lunga superiori. Si tratta di un’attività di screening – spiega l’assessore alla Ricostruzione Pietro Di Stefano – che potrebbe essere utile a tante altre realtà in cui si sta affrontando la ricostruzione, come Amatrice o Norcia, per mantenere alto il livello di sicurezza, contrastare il lavoro nero e lo sfruttamento della manodopera”.
Il compito demandato al Comune dal Comitato coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere del ministero dell’Interno è di fare la rivelazione dei dati dei lavoratori, in quanto il Comune fa parte dell’Osservatorio per il flusso della manodopera istituito alla Prefettura dell’Aquila, e il Comune ha istituito un ufficio dedicato a questo lavoro: l’Ufficio per il supercoordinamento sulla sicurezza nei cantieri. Il Comune ha sviluppato un software e rilascia un badge elettronico agli operai che si accreditano. Le ditte non si ritengono obbligate, stiamo aspettando un provvedimento dall’autorità nazionale che dia questo obbligo.
“Tutto quello che succede dopo per quanto riguarda il controllo della Asl e dell’Ispettorato del lavoro, il Comune non lo sa – aggiunge Galassi – ma comunque invia ogni mese alla Prefettura dell’Aquila il database per le attività di loro competenza”.