5 giorni d’interrogatori in Procura a Pescara per gli indagati della seconda ondata di avvisi di garanzia sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano, relativa alla presunta mancata applicazione della Carta Valanghe.
Tre presidenti di Regione, tra cui l’attuale governatore D’Alfonso, vari assessori regionali ex e dell’attuale legislatura, e dirigenti della Regione. 13 in tutto i destinatari di ulteriori avvisi di garanzia emessi dal Procuratore Capo della Repubblica di Pescara Massimiliano Serpi e dal Sostituto Procuratore Andrea Papalia, in relazione alla tragedia dell’Hotel Rigopiano, in particolare sull’aspetto dell’inchiesta relativo alla mancata applicazione della Carta di valutazione del rischio valanghe. In Procura oggi tre dirigenti: Antenucci, Visca e Savini; da domani i cosiddetti calibri da 90, a cominciare dall’ex presidente della Regione Ottaviano Del Turco il quale ha già annunciato la sua assenza e la presentazione di una memoria difensiva sul tema. In Procura, sempre domani, gli ex assessori regionali Tommaso Ginoble, Enrico Paolini e Mimmo Srour. Giovedì sarà la volta di un altro ex presidente di Regione, Gianni Chiodi, insieme a lui gli ex assessori Daniela Stati e Gianfranco Giuliante. In sostanza, obiettivo della Procura, é quello di chiarire i molteplici aspetti evidenziati, in prima battuta, dal pool di legali che difende il sindaco di Farindola Lacchetta e Colangeli tecnico del Comune, e poi approfonditi con ulteriori indagini, in merito alla mancata realizzazione della cosiddetta Clpv, la Carta di Localizzazione Probabili Valanghe, che sarebbe rimasta chiusa nei cassetti per diversi anni. La Procura ha deciso di procedere a ritroso e dunque inizierà con gli allora dirigenti della Regione Vincenzo Antenucci, Carlo Visca e Giovanni Savini. E’ durato due ore l’interrogatorio per Vincenzo Antenucci difeso dagli avvocati Mario Petrella e Franco Colucci. L’ex dirigente del Servizio previsione e prevenzione rischi e coordinatore del Coreneva dal 2001 al 2013, ha sostanzialmente chiarito la sua posizione in relazione a quelle che erano le sue funzioni:
“Certamente il mio assistito non poteva disporre delle spese della Regione per la realizzazione della Carta Valanghe – ci spiega l’avvocato Mario Petrella – ricordiamo che si tratta di un provvedimento che andava avanti già da 20 anni e che nessun organo politico ha avuto mai la forza o la volontà di realizzarlo in concreto, non vedo perché se ne sarebbe dovuto occupare in prima persona Antenucci”.
In tarda mattinata, davanti al Procuratore Serpi e al Pm Papalia, un altro ex dirigente regionale, Carlo Visca:
“Il mio assistito aveva predisposto, insieme agli altri Servizi, delle richieste di finanziamento alla Giunta per completare questa Carta, ma purtroppo quel tipo di servizio e di gestione soffre di una cronica deficienza finanziaria”.
Lo ha detto l’avvocato Diego De Carolis, questa mattina nel palazzo di giustizia di Pescara, al termine dell’interrogatorio del suo assistito, Carlo Visca, direttore del Dipartimento regionale di Protezione civile dal 2009 al 2012.
“Abbiamo tentato di chiarire che il mio assistito proviene dalle Opere marittime e quel breve passaggio che c’è stato è stato intervallato da un’altra tragedia, quella del terremoto, per cui lui si è occupato principalmente di questo aspetto – ha proseguito il legale – poi ha cessato l’incarico nel 2012 e sono passati altri anni durante i quali non ha potuto curare la disciplina per evitare che questa tragedia si verificasse”.
De Carolis ha aggiunto che, “in relazione a funzioni e compiti che gli erano stati attribuiti in quel limitato periodo, il mio assistito ha svolto tutto quello che era nei suoi compiti e poteri, tenendo presente che nel decreto di nomina delle attribuzioni delle sue funzioni, erano ben specificati i compiti da svolgere. Rispetto alla legge del 1992 sulla Carta valanghe – ha evidenziato l’avvocato – era semplicemente indicato un mero adeguamento normativo, mentre su altri indirizzi, coma la Carta di prevenzione degli incendi, c’erano ben altre specificazioni e infatti è stata portata a termine”.
Nel pomeriggio è stato ascoltato Giovanni Savini il funzionario che, nel 2014, per tre mesi, è stato direttore del dipartimento della Presidenza regionale e dei rapporti con l’Europa.
“Il mio assistito – ha commentato l’avvocato Giulio Di Berardino al termine dell’interrogatorio – ha chiarito di non avere avuto nessun rapporto con l’ufficio di protezione civile, di non essersi mai occupato di protezione civile e meno che mai di avere avuto a che fare con la famosa Carta valanghe. Il mio assistito ritiene di avere chiarito la propria posizione. D’altronde, il periodo nel corso del quale ha ricoperto quell’incarico in Regione è stato talmente breve da non lasciargli neanche il tempo di entrare in contatto con le questioni al centro delle contestazioni”.
Domani sarà la volta della parte politica, con gli ex assessori Ginoble, Paolini e Srour e con l’allora Governatore Ottaviano Del Turco che non sarà a Pescara ma, tramite il suo legale, presenterà ai magistrati una dettagliata memoria difensiva nella quale ricostruirà i passaggi burocratici che portarono alla realizzazione della Carta Storica delle valanghe, atto ritenuto prodromico in via della Carta di Localizzazione. Intanto, secondo quanto pubblicato questa mattina da “Il Messaggero” d’Abruzzo, sarebbe di molto alleggerita la posizione di Luciano D’Alfonso, il cui interrogatorio, previsto per martedì, potrebbe saltare per via di uno sciopero degli avvocati, e questo in base ad una specifica informativa dei Carabinieri Forestali, nella quale si sostiene che D’Alfonso venne di fatto tenuto all’oscuro sul rischio che si correva in quella zona, tirando in ballo proprio uno dei suoi principali accusatori, il sindaco di Farindola Eugenio Lacchetta, il quale, secondo quanto riporta il quotidiano, pubblicando uno stralcio dell’informativa:
“..non segnala alla sala operativa regionale l’isolamento dell’hotel, ma segnala esclusivamente l’isolamento di alcune contrade che poi saranno rese percorribili nella mattinata con l’utilizzo di mezzi della Provincia ». E poi ancora: «Appare arduo valutare se una disorganizzata gestione dell’emergenza maltempo- terremoto, effettuata dagli esponenti della Protezione civile della Regione Abruzzo, sia direttamente collegabile alla tragedia di Rigopiano. E’ diretto e scontato che l’isolamento dell’hotel Rigopiano, indipendentemente dalla gestione buona o cattiva dell’emergenza maltempo, non sia stato segnalato dal sindaco alla Protezione civile né la mattina né il pomeriggio del 18 gennaio in sede di Core (il Comitato per l’emergenza ndr)».