Tre presidenti di Regione e quattro assessori sono indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla tragedia dell’hotel Rigopiano di Farindola. La Procura: “Atto necessario.”
Due ex presidenti della Regione Abruzzo, Ottaviano Del Turco e Gianni Chiodi, e l’attuale presidente Luciano D’Alfonso, sono indagati dalla procura di Pescara nell’inchiesta sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano travolto il 18 gennaio 2017 da una valanga che ha provocato 29 morti. Tra i nuovi indagati ci sono anche i quattro assessori che, nell’arco degli ultimi dieci anni, si sono susseguiti nella delega di Protezione civile: Tommaso Ginoble, Daniela Stati, Gianfranco Giuliante e Mario Mazzocca, quest’ultimo tutt’ora in carica quale sottosegretario alla Presidenza della Giunta. Indagati anche due dirigenti regionali: Silvio Liberatore, del servizio Emergenza di Protezione civile e responsabile della Sala operativa regionale, e Antonio Iovino, dirigente responsabile del servizio Programmazione Attivita’ di Protezione civile della Regione Abruzzo. Liberatore e Iovino sono indagati sostanzialmente per la vicenda legata alla gestione dell’emergenza di quei giorni del 2017. Tra i nuovi indagati ci sono anche altri tre dirigenti regionali.
PROCURA: “ISCRIZIONE REGISTRO INDAGATI ATTO NECESSARIO”
“Le iscrizioni al registro generale delle notizie di reato di ulteriori indagati e’ quindi atto necessario perche’ queste posizioni possano essere oggetto della doverosa valutazione giudiziaria, che presuppone questo atto formale, rimanendo ovviamente impregiudicata ogni valutazione in ordine alla conclusiva determinazione sull’esercizio o meno della azione penale per le singole posizioni”. E’ quanto si legge in una nota della Procura di Pescara, a firma del procuratore capo Massimiliano Serpi (nella foto), titolare, insieme al sostituto Andrea Papalia, dell’inchiesta sulla tragedia dell’Hotel Rigopiano di Farindola travolto il 18 gennaio 2017 da una valanga che ha provocato 29 morti. “Con riferimento alle notizie che compaiono sui mezzi di comunicazione – prosegue la nota – in ordine ad iniziative di questa Procura della Repubblica riguardanti il disastro di Rigopiano del 18 gennaio 2017 e al fine di assicurare una corretta informazione della pubblica opinione, si ritiene di confermare che dopo una prima fase investigativa volta ad acquisire il quadro complessivo delle ipotesi di possibili responsabilita’ in ordine a detti fatti e che allo stato si indirizza sui temi: prevenzione del rischio valanghivo e relativa disciplina del territorio; rispetto delle normative per la edificazione dell’Hotel e del resort a Rigopiano; rispetto della normativa di prevenzione degli infortuni dei lavoratori dell’Hotel; gestione dell’emergenza neve e viabilita’ per il territorio interessato nel gennaio 2018; eventuali ritardi o meno nelle operazioni di soccorso dopo l’evento; e che ha visto a dicembre 2017 interrogatori riguardanti la posizione di molti indagati, si e’ ora reso necessario, anche alla luce degli elementi cosi’ acquisti e conseguenti sviluppi investigativi, approfondire il tema dei tempi, modi e risorse finanziarie necessarie per la redazione della Carta localizzazione pericolo valanghe da parte dell’ente Regione Abruzzo sia nelle sue articolazione politiche che tecniche amministrative a far tempo dall’emergere nel 2007 nell’ambito della carta storica delle valanghe del sito di Rigopiano, nonche’ in punto di gestione regionale della emergenza neve nel gennaio 2018”.
TUTTI GLI INDAGATI – I primi ad essere iscritti nel registro degli indagati, tre mesi dopo la tragedia, sono stati il presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, il tecnico comunale Enrico Colangeli, Bruno Di Tommaso, gestore dell’albergo e amministratore e legale responsabile della societa’ “Gran Sasso Resort & SPA”, Paolo D’Incecco e Mauro Di Blasio, rispettivamente dirigente e responsabile del servizio di viabilita’ della Provincia di Pescara.
Il 23 novembre scorso a questi nomi si sono aggiunti quelli di altre 17 persone: Francesco Provolo, ex prefetto di Pescara; Leonardo Bianco e Ida De Cesaris, rispettivamente ex capo di gabinetto e dirigente della Prefettura del capoluogo adriatico; Pierluigi Caputi, direttore dei Lavori pubblici fino al 2014, Carlo Giovani, dirigente della Protezione civile, Sabatino Belmaggio, responsabile del rischio valanghe fino al 2016, Vittorio Di Biase direttore Dipartimento opere pubbliche fino al 2015 e Emidio Rocco Primavera, direttore del Dipartimento opere pubbliche; Giulio Honorati, comandante della Polizia provinciale di Pescara e Tino Chiappino, tecnico reperibile secondo il piano di reperibilita’ provinciale. E ancora: gli ex sindaci di Farindola Massimiliano Giancaterino e Antonio De Vico; il tecnico geologo, Luciano Sbaraglia; Marco Paolo Del Rosso, l’imprenditore che chiese l’autorizzazione a costruire l’albergo; Antonio Sorgi, direttore della Direzione parchi territorio ambiente della Regione Abruzzo; Giuseppe Gatto redattore della relazione tecnica allegata alla richiesta della Gran Sasso spa di intervenire su tettoie e verande dell’hotel; Andrea Marrone, consulente incaricato da Di Tommaso per adempiere le prescrizioni in materia di prevenzione infortuni. Successivamente, e’ stata iscritta nel registro degli indagati la funzionaria della Prefettura di Pescara, Daniela Acquaviva;
I reati ipotizzati dal procuratore capo di Pescara Massimiliano Serpi e dal sostituto Andrea Papalia, vanno, a vario titolo, dal crollo di costruzioni o altri disastri colposi, all’omicidio e lesioni colpose, all’abuso d’ufficio e al falso ideologico, alla rimozione o omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro.
IL RISCHIO VALANGHE – Che la Regione venisse coinvolta ai vari livelli politici e amministrativi lo avevano auspicato, presentando un preciso esposto, gli avvocati Cristiana Valentini, Goffredo Tatozzi e Massimo Manieri, legali, a loro volta, del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta e del tecnico comunale Enrico Colangeli, nel quale si faceva riferimento all’omessa redazione della carta di Localizzazione del pericolo da valanga prevista dalla Legge Regionale 47 del ’92, che, come sottolineano gli avvocati, se realizzata avrebbe impedito il disastro. Sembra chiaro ora anche per la Procura che la mancanza di questo importante documento abbia avuto un ruolo.
LE TESTIMONIANZE – Pescando nel nostro archivio, abbiamo rintracciato due testimonianze non di poco conto. La prima, quella del geologo Gabriele Fraternali che nel 2009 produsse un dettagliato studio sul rischio valanghe in Abruzzo, adottato dal Club Alpino, ma assolutamente snobbato dalla Regione (all’epoca il presidente era Chiodi):
“In apparenza, quella del Monte Siella – precisò alla collega Antonella Micolitti – sembra essere una’area tranquilla, ma certamente non poteva esserlo in presenza di quella precipitazione nevosa non coerente con le precipitazioni del passato ed in considerazione del canalone che dal Monte Siella conduceva all’Hotel.”
Sul tema delle valanghe si soffermò anche qualche mese dopo un altro geologo abruzzese, Francesco Stoppa, che per conto dell’avvocato Wania Della Vigna, legale della famiglia di Sara Angelozzi, ha effettuato una perizia in loco e che intervenne in un reportage della trasmissione “In Cronaca”:
“E’ assurdo parlare di assenza di valanghe a memoria d’uomo, in questo luogo – disse Stoppa – perché la memoria d’uomo è infinitamente piccola rispetto alla storia idrogeologica di un territorio. Sarebbe bastato, in tempi antecedenti alla realizzazione dell’Hotel, effettuare specifici carotaggi che magari ci avrebbero raccontato di altri fenomeni valanghivi in questa zona.”