Scuole Abruzzo: alunni in calo, aree interne penalizzate. Sos dei sindacati

La scuola abruzzese in meno di 10 anni perde circa 16mila studenti a causa della denatalità ma gli organici di insegnanti e personale Ata sono insufficienti. Nuovo appello dei sindacati a governo e Regione: «Intervenire per garantire la continuità didattica e non penalizzare le aree interne»

“L’istruzione è l’arma più potente che puoi usare per cambiare il mondo” diceva Nelson Mandela e la scuola ha un ruolo fondamentale e può incidere in modo significativo sulla formazione delle generazioni future. Ma sono molteplici le criticità da risolvere che rischiano di penalizzare fortemente questo settore strategico della società. In Abruzzo i sindacati tornano a lanciare appelli al governo e alla Regione dopo gli ultimi dati comunicati dall’Ufficio Scolastico Regionale. Per l’anno 2023/24 sono previsti 913 alunni in meno (l’anno scorso la perdita era stata di 2.723). Un trend negativo che ha portato in circa 10 anni si sono persi oltre 16mila studenti nelle scuole pubbliche abruzzesi a causa della denatalità e dello spopolamento, soprattutto nelle aree interne.

Il segretario generale della Cisl Scuola Abruzzo e Molise Davide Desiati afferma che «in Abruzzo avremo 913 alunni in meno nelle scuole, con diminuzioni più limitate rispetto agli anni passati. Il dato è attenuato anche dall’accoglimento di oltre 200 alunni ucraini, soprattutto in provincia di Teramo. Ancora in aumento gli alunni disabili ed i posti di sostegno(+211) rispetto all’anno precedente. La fortissima criticità resta la stabilizzazione dei docenti di sostegno precari. L’incremento concesso dal Ministero all’Abruzzo di soli 211 posti per le assunzioni a tempo indeterminato dei docenti specializzati è di fatto insignificante rispetto alle migliaia di posti annuali in deroga. Ai docenti sul sostegno ed agli alunni con handicap bisogna assicurare continuità didattica».

Questo il dettaglio provinciale:
Provincia Variazione alunni rispetto a.s 22/23
Chieti – 690
L’Aquila – 135
Pescara – 282
Teramo + 194
Totale – 913

Augusta Marconi della Segreteria regionale FLC Cgil Scuola Abruzzo e Molise spiega che «l’unico dato in positivo è quello relativo alla provincia di Teramo dove l’aumento degli alunni è dovuto alla presenza di studenti ucraini: circa 280 secondo i dati dell’USR. Particolarmente grave la situazione in provincia di Chieti che con una previsione di 690 alunni in meno è quella che paga il tributo più alto in termini di perdita di alunni e, in conseguenza, di organico.

Nonostante il calo di studenti, grazie anche alle mobilitazioni sindacali, la dotazione organica di diritto dei docenti a livello regionale resta confermata (14.460 posti in organico di diritto e 1274 posti di potenziamento), mentre l’organico del sostegno risulta incrementato di 182 posti, per effetto della legge di bilancio 2021, determinando così una estensione dell’organico di diritto a 3.249 posti.
Però l’attribuzione degli organici a livello nazionale e regionale penalizza le aree interne e i territori soggetti a spopolamento, perché fatta in base al DPR 81/2009 che attribuisce i posti solo in percentuale al numero degli alunni, non tenendo presento le criticità e le peculiarità dei territori.

Occorre inoltre rilevare l’enorme sproporzione tra organico di diritto (3249 posti) e deroghe nel sostegno (oltre 3.000 nel 2022/23): solo il 50% dei posti sono stabili sul sostegno, a fronte di una percentuale che a livello nazionale dovrebbe invece attestarsi intorno all’80%. Occorrerebbe consolidare questi posti nell’organico di diritto, per dare risposte ai docenti precari ma soprattutto agli alunni diversamente abili, che si trovano ogni anno a cambiare docente.
L’Abruzzo, inoltre, nonostante un leggero aumento registrato negli ultimi anni, resta una delle regioni con la percentuale più bassa di classi in cui è attivato il tempo pieno (meno del 25%, a fronte di percentuali al di sopra del 50% in particolare nelle regioni del centro nord ). Tale situazione, dovuta ad organici insufficienti ma anche a poca richiesta da parte delle famiglie in virtù della mancata predisposizione da parte degli Enti locali di servizi opportuni (trasporti, mense scolastiche, locali adeguati etc), penalizza ulteriormente la nostra regione, e manifesta l’assenza di adeguate politiche per l’istruzione, un settore in cui da tempo manca una vera programmazione.
La politica regionale e nazionale non può limitarsi a fotografare l’esistente, ma dovrebbe impegnarsi a rimuovere tali disparità di trattamento, in attuazione dei principi costituzionali.
La direzione in cui si sta andando, invece, sembra diametralmente opposta. I progetti di autonomia differenziata, di regionalizzazione dell’istruzione e di dimensionamento scolastico messi in campo rischiano di avvantaggiare le regioni più ricche, minano alla base l’idea di una scuola pubblica nazionale e mettono fortemente in discussione l’unità del sistema dei diritti.
I diritti costituzionali non possono essere differenziati in base al luogo in cui si vive: ci mobiliteremo in ogni modo per fermare questo progetto disgregatore».

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