Dal generale scoramento per la sentenza di assoluzione per tutti gli imputati al processo sulla discarica dei veleni di Bussi ad un concreto ottimismo in ottica bonifica alla lettura delle motivazioni rese note ieri dalla Cassazione.
Tra le righe delle motivazioni alla sentenza della Suprema Corte di Cassazione di assoluzione per tutti gli imputati al processo per la discarica dei veleni di Bussi, fondati motivi di speranza in ottica bonifica e risarcimenti. Alla scarna lettura del dispositivo che, di fatto, calava una pietra tombale sulla decennale vicenda, la delusione generale non tanto per la mancanza di una condanna, quanto per il fatto che l’assoluzione avrebbe chiuso le porte ad ogni forma di risarcimento, in primis, quello per la bonifica delle aree inquinate. Leggendo le motivazioni, rese ieri note, sorge, al contrario, una nuova e concreta speranza in tal senso. A confermarlo gli stessi avvocati, in particolare l’avvocatura dello Stato rappresentata da Cristina Gerardis che al quotidiano “Il Centro” illustra in 4 punti la nuova opportunità: il riconoscimento del reato, anche se prescritto, di avvelenamento delle acque a partire dalle falde, e non limitato alla captazione, i giudici, poi, parlano di accadimento macroscopico e caratterizzato per il fatto di recare con sé una rilevante possibilità di danno alla vita e all’incolumità di un numero non individuabile di persone. Terzo punto il fatto che il disastro può essere compiuto anche minimizzando la sua portata, come hanno fatto per anni gli ex dirigenti Montedison; quarto ed ultimo punto, i giudici hanno smontato la tesi della difesa per la quale normative di tutela ambientale in Italia sono arrivate solo dopo gli anni ’80, scovando, su suggerimento della stessa Gerardis, altre norme, seppur minori di tutela delle acque da forme d’inquinamento. Da qui la possibilità, a questo punto solo in sede civile, di procedere con richieste formali di risarcimento che consentirebbero la tanto necessaria bonfica.