Sisma L’Aquila: canoni Progetto Case, assolti ex amministratori

La Corte dei Conti ha assolto gli ex amministratori e dirigenti del Comune dell’Aquila accusati di danno erariale per non aver riscosso i canoni per gli affitti di abitazione del Progetto Case

Erano accusati di danno erariale per oltre 720mila euro per non aver riscosso, negli anni 2010-2017, i canoni di compartecipazione dovuti per l’affitto degli appartamenti realizzati dopo il terremoto del 2009  e somme dovute, a fronte dei consumi contabilizzati di gas ed energia elettrica.

La  sezione giurisdizionale per l’Abruzzo della Corte dei Conti, per effetto della sentenza numero 10 dell’11 febbraio scorso (presidente Bruno Tridico e giudice estensore Stefano Grossi). “Liberati” dalla conseguente richiesta risarcitoria Massimo Cialente, nella qualità di ex sindaco dell’Aquila, oltre agli allora assessori Alfredo Moroni (Patrimonio), Giovanni Cocciante (Bilancio), Fabio Pelini, Lelio De Santis, Carlo Pirozzolo (Segretario generale dell’Ente), e i dirigenti Mario Di Gregorio, Patrizia Del Principe, Angela Spera e l’architetto Enrica De Paulis.

L’avvocato Carlo Benedetti, che ha assistito e difeso gli ex amministratori insieme agli avvocati Maurizio Capri, Raffaella Russo e Alessandra Dundee, spiega che “In corso di causa è stato ampiamente dimostrato che i convenuti avevano assunto sistematicamente condotte adeguate, consistenti nell’adozione di opportune iniziative amministrative e di aver effettuato recuperi per importi superiori ai 30 milioni di euro”.

Secondo la Corte, la prescrizione dei crediti si è verificata dopo il 28 giugno 2017, data dell’insediamento dell’attuale sindaco Pierluigi Biondi. I crediti richiesti nel 2013 si sono prescritti nel 2018, quelli richiesti nel 2014 nel 2019 e quelli del 2015 nel 2020.

“L’attività in questione – si legge ancora – è stata effettuata negli anni 2013-2017. La prova inconfutabile di tali circostanze ha, infatti, escluso la responsabilità dei comparenti che avevano messo in campo attività amministrative adeguate e che, comunque, non potevano essere chiamati a rispondere del mancato recupero forzoso di somme andate prescritte uno, due o tre anni dopo la cessazione della carica”.