Parla di “disegno criminoso”, nella sua ordinanza di chiusura delle indagini, il Gip di Pescara Gianluca Sarandrea. Tra i 14 indagati (2 società e 12 persone fisiche) c’é chi sapeva degli effetti, ma non ha preso provvedimenti.
Responsabilità ben precise, così come ipotizzato dalla pubblica accusa sostenuta dal Procuratore Capo Serpi e dal Pm Papalia e ribadito dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Pescara Gianluca Sarandrea. Di quegli sversamenti di liquami non depurati nel fiume, e di conseguenza nel mare, i dirigenti dell’Aca e dell’Ato erano ben consapevoli, sempre secondo l’accusa, ma non solo non hanno esercitato il dovuto controllo, non avrebbero nemmeno adottato misure necessarie per la manutenzione degli impianti fognari, nonostante le numerose segnalazioni, anche da parte di alcuni consiglieri comunali. Il tutto parte da quella piovosa e drammatica primavera del 2015 che provocò non pochi danni su tutta la costa abruzzese, tra questi il crollo del collettore all’altezza del cementificio di Pescara, e culminò con la stagione estiva dei malori e delle denunce, tra casi di gastroenterite e macchie sulla pelle, in particolare per i bambini costretti alle cure del Pronto Soccorso. Secondo l’accusa, l’Aca, per rimediare, commise un secondo reato, riattivando una condotta in disuso ed incorrendo, così, non solo nell’abuso d’ufficio, ma sostanzialmente peggiorando il quadro della situazione. Poco conta, secondo la tesi accusatoria, che gli impianti di sollevamento B zero, al molo, non funzionavano e che non era ancora stata realizzata la famosa opera del DK 15, quella che avrebbe consentito da lì ad un anno la tanto necessaria separazione tra acque bianche ed acque nere, perché lo sversamento di liquami nel fiume, stando a quanto hanno dimostrato i periti della Procura, avveniva anche quando non pioveva. C’é poi il discorso relativo agli scarichi del mattatoio , anche in questo caso, secondo l’accusa, i responsabili della società che gestisce l’impianto, erano consapevoli del danno che stavano procurando, ma non hanno fatto nulla per evitarlo. I numeri dell’inchiesta: una trentina di sequestri tra quelli passati e quelli dei giorni scorsi, tra scolmatori, impianti depurativi e scarichi; due le società sotto indagine, L’Aca e “L’arte della macellazione”; 12 le persone fisiche : due rappresentanti della Di Vincenzo che all’epoca si occupava del depuratore, la cui gestione passò poi nella mani dell’Aca; tre funzionari dell’Ato; 5 dirigenti di Aca e due rappresentanti della società che gestisce il mattatoio. Una quarantina i capi d’imputazione su ipotesi di reato che vanno dall’inquinamento ambientale, alla gestione illecita e deposito incontrollato di rifiuti, all’inadempimento e frode in pubbliche forniture , plurimi sversamenti fino alla responsabilità amministrativa delle due società coinvolte. I sequestri di questi giorni, ribadisce la Procura, non riguardano la situazione attuale che testimonia l’assenza d’inquinamento, ma hanno lo scopo di monitorare l’attività degli impianti che resta ad uso di chi li gestisce, per prevenire eventuali episodi spiacevoli di sversamenti come accadde in passato.