A Teramo dopo le accuse avanzate da alcuni comitati cittadini, e dal deputato del M5S Fabio Berardini, per dire “no” alla realizzazione del nuovo ospedale tramite partenariato pubblico privato, arrivano le delucidazioni della Asl.
Dopo le polemiche sollevate nei giorni scorsi dai comitati di quartiere e dal deputato del M5S Fabio Berardini la Asl di Teramo è tornata sul progetto del nuovo ospedale. E lo ha fatto con una conferenza stampa nel corso della quale il manager Maurizio Di Giosia, dopo aver ricordato la decisione di dotarsi di un nuovo ospedale sia legata alla necessità di poter avere una struttura adeguata e all’avanguardia, ha sottolineato come la Asl sarà sempre aperta al confronto con la cittadinanza ma evidenziando come la convenzione con cui il ministero assegna alla Asl 81 milioni di euro prevede una tempistica ben precisa per l’erogazione dei fondi e come, di conseguenza, “la Asl non può restare imbrigliata anni a discutere su dove realizzarlo”. Di Giosia, che ha annunciato anche come la Asl stia concludendo un accordo con il Bambin Gesù per realizzare a Teramo un pronto soccorso pediatrico e per la neuropsichiatria infantile e come stia lavorando per ottenere ulteriori fondi comunque necessari per la realizzazione del nuovo presidio, è poi intervenuto anche sulla questione del project, evidenziando come la Asl abbia il dovere di esaminare le proposte arrivate dai privati.
“Come Asl ci siamo dotati di una struttura adeguata, dal punto di vista tecnico e amministrativo, a valutare questi progetti – ha detto Di Giosia – e abbiamo avuto anche a fortuna di aver potuto esaminare modelli organizzativi di altre realtà, soprattutto lombarda, e valutare pregi e difetti di un partenariato pubblico o privato così come del ricorso a un appalto pubblico”. In ogni caso, al di là delle modalità con cui sarà realizzato, il nuovo ospedale resta una priorità.
“L’attuale presidio presenta criticità logistiche legate a una configurazione degli spazi immaginata a fine anni ’60 – ha ricordato il manager – che oggi ne rendono difficoltoso il mantenimento, e la struttura del primo lotto presenta altresì gravi carenze dal punto di vista della vulnerabilità sismica e con le regole anti incendio”. Un’adeguamento della struttura, che resterebbe comunque vecchia, sarebbe dunque anti economico e richiederebbe la chiusura di diversi reparti. Da qui la necessità di una nuova struttura moderna e adeguata. E se in termini di localizzazione l’area di Villa Mosca, dove insiste oggi il Mazzini, non sarebbe comunque utilizzabile, in quanto satura, Di Giosia assicura che l’attuale struttura non resterà una cattedrale nel deserto. “Qualche giorno fa abbiamo istituito un’apposita commissione – ha concluso – per vedere come riutilizzare quegli spazi. Il Mazzini non resterà uno scheletro ma sarà una città della salute, con riabilitazione e Rsa perché come come il Covid ha confermato la medicina si fa sul territorio. L’ospedale deve essere solo per gli acuti”.
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