Lo storico Caffè Grande Italia di Teramo da ieri ha chiuso ufficialmente per inventario.
Ma il problema è che la società che ne deteneva la maggioranza delle quote, è stata dichiarata fallita dal giudice delegato Giovanni Cirillo. Curatore fallimentare è stato nominato il commercialista Sergio Saccomandi, la cui prima iniziativa è stata quella di chiudere per inventario lo storico bar. A fine 2014 l’attività che include due locali cittadini, quello di piazza Martiri della Libertà e quello di via Badia era finita in amministrazione controllata con la nomina, da parte del tribunale, di un custode giudiziale e un liquidatore. Tutto è partito dalla Banca Tercas, tramite l’ex commissario Riccardo Sora, con il sequestro delle quote azionarie dell’azionista di maggioranza nel tentativo di recuperare il debito da circa 6 milioni di euro; da allora per il locale era cominciata una gestione portata avanti dal tribunale. L’ingresso in azienda di curatore e liquidatore aveva portato ad una prima riorganizzazione dell’attività, con l’introduzione anche di un turno settimanale di riposo fino ad allora impensabile per l’esercizio più famoso della piazza centrale della città, così come a una riduzione di personale e una gestione più prudente e razionale dei servizi. Evidentemente però i conti erano fortemente minati se si è arrivati a una decisione del genere dopo un anno e mezzo. Ora la situazione più delicata riguarda i circa 30 dipendenti ed è per questo motivo che tra qualche giorno il giudice Cirillo e il curatore Saccomandi si incontreranno, e potrebbero decidere di far continuare comunque l’attività in esercizio provvisorio. Lo scopo è quello di preservare i posti di lavoro, ma soprattutto un patrimonio per la città teramana.
Il servizio del Tg8: