Torna l’ora legale e questa notte alle 2 le lancette degli orologi scatteranno un’ora in avanti. Un‘ora di luce in più al giorno, fino alla fine di ottobre, e anche benefici economici e ambientali
Questa notte dormiremo un’ora in meno ma l’ora legale fino a quando resterà in vigore regalerà diversi benefici: sarà possibile sfruttare un’ora di luce in più, nelle ore serali, e questo comporterà una diminuzione dei consumi energetici per le famiglie e le imprese e risparmi in bolletta. I benefici saranno non solo economici ma anche ambientali: consistente riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera. L’ora legale durerà fino a domenica 29 ottobre 2023, quando rientrerà in vigore l’ora solare.
La Sima, Società Italiana di Medicina Ambientale, ha promosso insieme a Consumerismo No Profit una petizione online per mantenere l’ora legale tutto l’anno e ha già raccolto oltre 281mila firme da presentare al governo Meloni. L’Unione Europea già nel 2019 ha approvato una Direttiva che lascia ampia discrezionalità agli Stati Membri.
Secondo la Sima abbandonare il doppio cambio di orario annuale farebbe cessare anche i piccoli disturbi di alterazione del ritmo circadiano che oggi sperimentiamo nel passaggio da ora solare a ora legale e viceversa, con effetti benefici sulla salute dei cittadini.
In base alle stime della Società Italiana di Medicina Ambientale solo nel 2023 l’ora legale permanente tutto l’anno produrrebbe in Italia, sulla base delle attuali tariffe elettriche, risparmi diretti in bolletta per 382 milioni di euro, grazie a minori consumi di energia per circa 720 milioni di kwh. Risparmio che salirebbe qualora nel corso dell’anno le tariffe elettriche dovessero subire incrementi. Basti pensare che il 21 dicembre, il giorno più corto dell’anno, con l’ora solare il sole tramonta a Milano alle ore 16:41 circa, a Roma alle ore 16:38, a Bologna alle 18:36.
Per tali motivi Sima chiede oggi al Governo Meloni di impegnarsi per arrivare in Italia all’abbandono definitivo dell’ora solare adottando l’orario legale tutto l’anno. Una possibilità prevista dall’Unione Europea – condlude Sima – che già nel 2019 ha approvato una Direttiva che lascia ampia discrezionalità agli Stati Membri, auspicando un coordinamento tra le varie nazioni per evitare ripercussioni sugli scambi commerciali e i movimenti transfrontalieri.