E’ il giorno del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta, oggi in Procura a Pescara, nella seconda giornata d’interrogatori suppletivi in merito all’inchiesta per la tragedia dell’Hotel Rigopiano.
Assistito dagli avvocati Cristiana Valentini, Goffredo Tatozzi e Massimo Manieri, il sindaco di Farindola Ilario Lacchetta porterà nuovi elementi a sua discolpa in relazione alle pesanti accuse mosse dal Procuratore Capo Massimiliano Serpi e dal Pm Andrea Papalia, spiegate nell’avviso di conclusione delle indagini:
“ometteva di adoperarsi per l’adozione di un nuovo Piano regolatore generale, che laddove emanato avrebbe di necessita’ individuato nella localita’ di Rigopiano un sito esposto a forte pericolo valanghe (sia per obiettivo eventi ragioni morfologiche sia per note vicende storiche) – scrivono Serpi e Papalia – nonche’ lasciava licenziare un Piano di emergenza comunale totalmente silente in punto di pericolo valanghe e di rischio neve/ghiaccio sull’intero territorio del comune di Farinodola”.
Accuse sulle quali Lacchetta intende fornire chiarimenti dopo che, attraverso un capillare lavoro d’indagine privata dei suoi legali, aveva rilanciato a sua volta accuse nei confronti della Regione colpevole di non aver adottato la Carta di Valutazione del rischio Valanghe. In giornata sarà ascoltato anche il geologo Luciano Sbaraglia, mentre l’ex Prefetto Provolo ha rinunciato alla possibilità di essere nuovamente ascoltato. Domani, dunque, sarà dai magistrati solo il comandante della Polizia Provinciale Giulio Honorati, mentre l’ex sindaco di Farindola Antonio De Vico sarà ascoltato il prossimo 14 gennaio.
L’INTERROGATORIO DI LACCHETTA – Ilario Lacchetta, sindaco di Farindola, assistito dall’avvocato Valentini e dall’avvocato Goffredo Tatozzi, è stato interrogato questa mattina a Pescara dal procuratore capo Massimiliano Serpi e dal sostituto Andrea Papalia, titolari del procedimento sul disastro di Rigopiano.
“Il sindaco Lacchetta si è rivolto all’allora presidente della Regione Luciano D’Alfonso per lanciare il suo allarme perché, innanzitutto, lo impone la legge di protezione civile nazionale e poi perché quello era il sistema D’Alfonso. Il sistema D’Alfonso, come dimostrato anche dall’emergenza 2015, prevedeva che bisognava rivolgersi direttamente a lui per avere uomini e mezzi, per avere aiuto. E quindi così ha fatto”. Lo ha detto l’avvocato Cristiana Valentini, uno dei difensori del sindaco di Farindola Ilario Lacchetta. “Nel corso dell’interrogatorio”, ha aggiunto l’avvocato Valentini, “il sindaco ha spiegato che il suo superiore gerarchico diretto dal punto di vista della protezione civile, come previsto dalla normativa nazionale, è il presidente della Regione. Ha spiegato anche che, sempre la stessa norma prevede, che in caso di allarme che non possa essere gestito dal sindaco sul suo territorio, deve essere comunicato anche, oltre al presidente della Regione, al prefetto. E lui lo ha fatto la mattina del 18 gennaio, depositando anche in prefettura richiesta di intervento dell’esercito”.
LA DIFESA DI SBARAGLIA – Rigopiano: difesa Sbaraglia, impossibile prevedere evento. Cesaroni, incarico marginale poi utilizzato anche da Comune
“Il problema è capire se all’epoca c’era la conoscenza necessaria per arrivare alla previsione, dopo tanti anni, di un evento come quello che si è verificato, e secondo noi era impossibile”. Così l’avvocato Pietro Cesaroni, questa mattina in tribunale a Pescara, al termine dell’interrogatorio del suo assistito Luciano Sbaraglia, indagato nell’ambito dell’inchiesta sul disastro dell’Hotel Rigopiano di Farindola, in qualità di tecnico geologo che stilò la relazione geologica per la manutenzione straordinaria dell’hotel, allegata alla richiesta di permesso di costruire del 2006. “A Sbaraglia fu assegnato un incarico marginale, relativo inizialmente soltanto al posizionamento di un ascensore all’interno dell’albergo – ha proseguito il legale – che poi in realtà fu utilizzato anche dal Comune per il Piano regolatore, ma lui non sapeva nulla di tutto ciò è non poteva prevedere, all’epoca, quello che sarebbe successo, perché quando redasse la relazione non aveva alcun tipo di conoscenza del pericolo valanghe in Abruzzo”.
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