Filt Cgil, Fit Cisl e Uil trasporti dicono no ai tagli ai servizi e agli aumenti tariffari decisi dal Consiglio Regionale, dopo i tagli disposti dal Governo.
Franco Rolandi , Alessandro Di Naccio e Giuseppe Murinni, rispettivamente segretari regionali di Filt Cgil, Fit Cisl e Uil trasporti , intervengono con una nota sui tagli dei servizi e aumenti delle tariffe decisi dal consiglio regionale evidenziando che sono la diretta conseguenza di una norma nazionale profondamente ingiusta che taglia risorse alle regioni del mezzogiorno , notoriamente carenti di infrastrutture ed impossibilitate a raggiungere gli obiettivi virtuosi fissati dalla Legge.
Nel comunicato si legge che “ Una norma nazionale introdotta nel 2012 (Decreto Legge 06.07.2012, n.95), resa operativa da un DPCM del marzo 2013, fortemente sollecitato dalle regioni settentrionali, ha previsto un nuovo sistema alquanto perverso basato su principi federalisti e su meccanismi di premialità e penalità nei criteri di distribuzione dei circa 4,9 mld€ di risorse che il Fondo Nazionale trasporti destina annualmente alle regioni italiane a statuto ordinario.Con l’introduzione di questi nuovi criteri (ampiamente noti da tempo anche agli stessi politici abruzzesi), sono scattate proprio da quest’anno le prime pesanti penalità nei confronti di quelle regioni che, nel triennio 2012/2014, non hanno raggiunto gli obiettivi di efficientamento e razionalizzazione nell’espletamento del servizio di trasporto pubblico locale su gomma e su ferro. Gli obiettivi che tutte le aziende di trasporto pubblico locale e, di riflesso, le singole Regioni devono conseguire per evitare la mannaia del Governo nazionale, sono tre ed attengono rispettivamente 1) l’incremento dei viaggiatori trasportati; 2) l’incremento del rapporto ricavi/(ricavi+corrispettivi); 3) il mantenimento dei livelli occupazionali.Non era difficile prevedere che l’Abruzzo e le altre cinque regioni del Mezzogiorno ovvero Marche, Molise, Puglia, Basilicata e Campania (Sardegna e Sicilia sono escluse in quanto Regioni a Statuto Speciale), sarebbero risultate quelle penalizzate cioè colpevoli di non aver raggiunto quegli obiettivi alquanto difficili , se non impossibili, fissati dal Decreto. E alla fine sulla base di un principio di vasi comunicanti, una cifra non affatto irrisoria pari ad oltre 75 mln€, è stata sottratta alle sei “regioni canaglia” e assegnata parimenti a quelle che invece sono risultate “virtuose” e pertanto meritevoli di premialità ed ulteriori risorse. Duole dover constatare che questo meccanismo va a premiare Regioni che nel tempo hanno beneficiato di attenzioni e di risposte importanti dai governi nazionali in materia di investimenti infrastrutturali, fondamentali anche per il raggiungimento di quegli obiettivi di efficientamento previsti dal Decreto. Si pensi solo al ruolo fondamentale che le metropolitane e, più generale il trasporto pubblico di massa, possono assumere in funzione dell’aumento consistente del numero dei viaggiatori e dell’incremento del rapporto ricavi/costi (ovvero due dei tre obiettivi da conseguire). Le aziende di trasporto pubblico locale che operano nella nostra regione, pur essendosi salvate in extremis e per il rotto della cuffia sull’obiettivo 1 (incremento viaggiatori), ben poco hanno potuto sull’obiettivo 2 ovvero il rapporto ricavi/costi dove complessivamente come dato regionale, siamo risultanti soccombenti al punto da dover subire una penalità di risorse di circa 8 milioni rispetto ai 132 milioni originariamente previsti. Un dato significativo che tuttavia nasconde tantissime ombre in merito ai criteri di determinazione dello stesso. Infatti gli unici dati certi ed ufficiali sono quelli resi noti da TUA (peraltro a seguito di ingenti pressioni esercitate nei confronti del Presidente Luciano D’Amico) che ovviamente, in relazione al triennio 2012/2014, ha fornito i risultati delle tre ex aziende dell’epoca pre-fusione. Dagli stessi risulta peraltro che Arpa abbia raggiunto l’obiettivo e che la stessa Gtm lo abbia di poco fallito. Per le altre 50 aziende di trasporto operanti in Abruzzo, siano esse pubbliche o private, il dato è invece sorprendentemente ed incredibilmente “top secret” in quanto le imprese forniscono i propri risultati direttamente all’osservatorio predisposto dal Ministero dei Trasporti e la Regione Abruzzo pur essendo abilitata a visionare tali risultati, non sembrerebbe tuttavia autorizzata a rendere gli stessi trasparenti e pubblici in quanto un simile comportamento violerebbe la “garanzia di dati commerciali sensibili” delle aziende. Insomma secondo la Regione Abruzzo, rendere noti i dati forniti dalle aziende sui tre obiettivi (viaggiatori trasportati, rapporto ricavi/costi e livelli occupazionali) dai quali dipendono – è bene ricordarlo – le risorse e quindi le eventuali penalità assegnate dal Governo (nonchè gli aumenti tariffari e le corse tagliate agli abruzzesi decise dal Consiglio Regionale), costituirebbe una gravissima violazione della riservatezza dei dati delle imprese di trasporto. Ci appelliamo al Presidente di Anav Abruzzo (l’associazione che rappresenta le imprese private di tpl) affinché con un suo intervento ponga fine a questa assurda incongruenza. Ai politici abruzzesi presenti in Consiglio Regionale e in Parlamento chiediamo ancora una volta di mettere da parte la propria appartenenza partitica e di produrre un impegno comune affinché, così come è accaduto con successo sulla vicenda Ryanair/tasse aeroportuali/Aeroporto d’Abruzzo, venga avviata una interlocuzione con il Governo che punti ad una concreta rivisitazione dei criteri di distribuzione delle risorse del Fondo nazionale trasporti per le regioni a Statuto ordinario. Ciò tenuto conto delle particolari condizioni del territorio abruzzese caratterizzato da molte aree interne per le quali viene assicurato un trasporto a domanda debole che pur non rispettoso del vigente obiettivo ricavi/costi, svolge un necessario ruolo sociale che la Regione ha il dovere di preservare “.