Diciassette anni fa moriva Antonio Russo, il giornalista abruzzese di Radio Radicale, ucciso in circostanze ancora misteriose nei pressi della città georgiana di Tbilisi.

Antonio Russo, il giornalista di Francavilla al Mare, è stato per molti anni freelance e reporter internazionale di Radio Radicale. Fu ucciso nella notte tra il 15 e 16 ottobre del 2000, a 40 anni, nella città cecena di Tbilisi, in  circostanze ancora misteriose. La sua morte resta tuttora un giallo da chiarire. Per anni la mamma di Antonio, la signora Beatrice, scomparsa nel 2011, si è battuta affinché venisse fuori la verità sulla uccisione del figlio. Anche quest’anno l’onorevole Melilla ha presentato una interrogazione per avere certezze sulle cause della morte, lo stesso impegno di Ricardo Chiavaroli, presidente “La Marianna” che con i Radicali si appella al Governo e si batte affinché il premio alla memoria di Antonio Russo sia ripristinato.

Tra le sue corrispondenze quelle dall’Algeria, durante gli anni della repressione, dal Burundi e dal Ruanda, che hanno documentato la guerra nella regione dei grandi laghi, e poi dall’Ucraina, dalla Colombia e da Sarajevo. Russo fu inoltre inviato di Radio Radicale in Kosovo, dove, unico giornalista occidentale presente nella regione durante i bombardamenti NATO, rimase fino al 31 marzo 1999 per documentare la pulizia etnica contro gli albanesi Kosovari. Nel corso di quelle settimane collaborò anche con altri media e agenzie internazionali. In quell’occasione fu protagonista di una rocambolesca fuga dai rastrellamenti serbi, unendosi a un convoglio di rifugiati kosovari diretto in treno verso la Macedonia.

Il convoglio si fermò durante il percorso e Antonio Russo raggiunse Skopje a piedi: di lui non si ebbero notizie per due giorni, nei quali lo si diede per disperso. Fu ucciso nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2000 in Georgia, dove si trovava in qualità di inviato di Radio Radicale per documentare la guerra in Cecenia. Il suo corpo venne ritrovato, con segni di tortura, ai bordi di una stradina di campagna a 25 km da Tbilisi. Perquisita dalla polizia georgiana, la sua abitazione fu ritrovata in soqquadro, mentre il telefono satellitare, il computer, la videocamera, e il materiale da lui raccolto sugli eccidi in Cecenia era stato sottratto. Le indagini della procura di Roma e della Digos, supportate anche da fonti del quotidiano The Observerer, dell’Ansa e del Corriere della Sera, collegarono l’omicidio di Russo con le sue scoperte giornalistiche.

Aveva infatti cominciato a trasmettere in Italia notizie circa la guerra, e aveva parlato di una videocassetta contenente torture e violenze dei reparti militari russi ai danni della popolazione cecena. Secondo alcuni suoi conoscenti, Russo aveva raccolto prove dell’utilizzo di armi illegali contro bambini ceceni, con pesanti accuse di responsabilità del governo di Vladimir Putin. Giornalista freelance, non si era mai iscritto all’ordine dei giornalisti italiano per la sua contrarietà a questa organizzazione, condivisa con il gruppo dei radicali italiani di cui faceva parte. Nel 2001 gli è stato assegnato postumo il premio Saint Vincent di giornalismo. Un premio giornalistico a suo nome è dedicato alla sua memoria.

Il servizio del Tg8