Cassazione, è violenza sessuale una “leccatina” sul viso

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E’ finita, per decisione della Cassazione, con una condanna ad un anno e tre mesi di reclusione per minaccia e violenza sessuale, la singolare “leccatina” sferrata da un commerciante di Pescara sul viso di una rivale.

Al culmine dell’ennesima lite avvenuta in pieno giorno, davanti a più testimoni, l’uomo oltre a minacciare la donna di ammazzarla e di farle chiudere l’attività, le aveva palpato i seni e le aveva dato una “leccata repentina” sul viso (come è scritto negli atti giudiziari). Per la Suprema Corte, è da punire anche l’uso di “una qualsiasi energia, anche di ridottissime proporzioni, prodotta dal movimento corporeo che attinge una persona senza consenso o a sua insaputa per impedirne il dissenso”, come nel caso della leccata “fraudolenta”. Senza successo, l’imputato ha sostenuto di non voler soddisfare i suoi impulsi sessuali, essendosi tra l’altro il fatto svoltosi davanti ai rispettivi partner, ma di voler mortificare la concorrente. Ma per i supremi giudici, a far scattare la condanna è sufficiente che ci sia “coscienza e volontà di compiere un atto invasivo e lesivo della libertà sessuale della persona non consenziente”. La libertà sessuale, sottolinea la Cassazione, “rientra nella libertà personale comprendente anche e soprattutto il diritto della libera autodeterminazione sessuale, come potere di disporre della propria persona e del proprio corpo, senza che siano ammesse intrusioni non consentite, una specie di ‘noli me tangere’, ossia un divieto assoluto di intromissione nella sfera intima, sessuale, della persona, che si traduce nella proibizione di qualsiasi intrusione corporale senza consenso”.