La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima la legge regionale 8 giugno 2015, attraverso la quale la Regione Abruzzo aveva inteso disciplinare le aree di collocazione e le distanze di sicurezza nella posa dei metanodotti.
“La disposizione, che affida alla Regione la competenza a stabilire le distanze di sicurezza dei nuovi metanodotti, si pone in contrasto con l’espressa riserva allo Stato della determinazione dei criteri generali tecnico-costruttivi e delle norme tecniche essenziali degli impianti di produzione, trasporto, stoccaggio e distribuzione dell’energia”. Queste le considerazioni alla base della sentenza della Corte Costituzionale, presieduta dal giudice Paolo Grossi, che ha dichiarato illegittima la legge regionale dell’8 giugno 2015, attraverso la quale la Regione Abruzzo aveva inteso disciplinare le aree di collocazione e le distanze di sicurezza nella posa dei metanodotti, al fine di garantire l’incolumità pubblica. Nello specifico, ad esser stato bocciato è il primo articolo del testo quello in base al quale si legiferava che “le centrali di compressione e di spinta del gas funzionali sono localizzate, in ottemperanza alle disposizioni del Piano regionale della qualità dell’aria, nelle zone industriali della Regione dove l’impatto ambientale e il rischio sismico sono minori”. E ancora il secondo comma che recita: “fatte salve le norme nazionali, relative alle distanze di sicurezza dei metanodotti della rete nazionale esistente, per i nuovi metanodotti la Regione stabilisce distanze di sicurezza tali da salvaguardare l’integrità fisica delle persone stabilendo distanze che crescono in proporzione all’aumentare del diametro delle condotte e della loro pressione d’esercizio secondo l’allegata tabella e le note per condotte con categoria di posa”. La legge regionale era stata impugnata dal Governo, mentre la Regione Abruzzo aveva rinunciato a costituirsi in giudizio.